Elezioni Regionali 2020

La sfida in quell'Emilia "rossa" dove Salvini si è giocato tutto

Dalla ruspa al Parmigiano Reggiano. Dalle piazze alle Sardine. La faticosa campagna elettorale per la conquista della rossa Emilia dove Salvini perde ma la Lega segna dati storici.

La sfida in quell'Emilia "rossa" dove Salvini si è giocato tutto

Una lotta all’ultimo voto. Uno spoglio sofferto fino al gong. Il conteggio dei voti ha fatto rimanere in bilico i piatti della bilancia per ore. Poi, il risultato: l’Emilia Romagna resta rossa. Bonaccini si tiene stretto il governo della regione. Questa volta, per un soffio.

Era partito ottimista Matteo Salvini. Che, a tredici giorni dal voto, dalla piazza di Parma aveva dichiarato “sento aria di cambiamento”. Ma che la battaglia da vincere fosse la più dura degli ultimi tempi era scritto. E il Capitano ha dato tutto se stesso. Pur di accaparrarsi il governo della Regione. Il premier della Lega ha battuto, senza sosta, ogni angolo dell’Emilia Romagna. Trainando la campagna elettorale della candidata per il centrodestra, Lucia Borgonzoni.

Tra i selfie con gli emiliani, le foto di gruppo con i romagnoli, Salvini ha raccontato l’Emilia Romagna e le sue bellezze. Dal Parmigiano Reggiano alla coppa, dalle galline nostrane alle mucche emiliane. Un tour serrato. Sentito. Che non è bastato a convincere i suoi. La roccaforte rossa non è stata abbattuta ma il 44% incassato dal centrodestra rimane un dato storico. Nel forteto della sinistra in molti avrebbero scommesso che non ci sarebbe stata gara.

Il leader della Lega ha fatto di questo voto una battaglia contro il governo giallo-verde. Portando avanti quella che è stata, a tutti gli effetti, una campagna elettorale nazionale. Una tattica di gioco che, per molti, potrebbe aver penalizzato la candidata al voto. Oscurata dal carisma populista di Matteo Salvini. Ciò che è certo è che, per contro, dall’altra parte la vittoria è più della persona che del partito. L’ha spuntata Bonaccini. Il candidato invisibile che ha portato avanti comizi spesso finiti nell’ombra, rivendicando i successi di anni ormai passati e promettendo di aggiustare le magagne portate a galla dagli avversari.

A prendere il suo posto sotto i riflettori un movimento cittadino che è riuscito a fare le veci di un partito sgretolato, come il Pd, nella lotta sul fronte nazionale. Le sardine sono state il vero antagonista di Matteo Salvini. Scese in piazza la prima volta a Bologna, i pesciolini capitanati da Mattia Santori, hanno marcato stretto il leader della Lega ad ogni singola tappa del tour elettorale. La loro, doveva essere una lotta al populismo, un “no” gridato alla politica dell’odio. Ma di fatto, si è rivelata la campagna elettorale che il Pd non ha condotto. Sono stati loro a sostenere dal basso il governatore che giocava in casa. Difficile escludere che il loro ruolo di disturbatori da piazza non abbia minimamente inciso nelle urne. In sottofondo i battibecchi tra Borgonzoni e Bonaccini. Che, seppur con toni contenuti, non se le sono mandate a dire. “Da noi proposte, da lei silenzio” sentenziava il candidato del Partito Democratico. Mentre l’avversaria rispondeva accusandolo di aver utilizzato trucchi per nascondere i problemi evidenti della Regione.

Reduce da otto vittorie consecutive (che oggi, con la Calabria, diventano nove) Matteo Salvini ha cercato in tutti i modi di cavalcare l’onda in un momento in cui gli equilibri di Governo sono ad un passo dal rompersi. “Se vinciamo Conte dovrà fare gli scatoloni. Preannunciavano i leader del centrodestra dal palco di piazza del Popolo a Ravenna”. Il messaggio era chiaro: la conquista in Regione sarebbe servita come assist per tornare a palazzo Chigi. Questo potrebbe essergli costato caro? O forse la colpa è di aver acceduto nel suo modus operandi? Ad attaccare gli elogi del capitano alla gastronomia locale e i minuti passati ad imparare a fare le tagliatelle sono stati in fondo, solo i sostenitori delle sardine. L’idea di citofonare al campanello per provare a cogliere in fallo un presunto spacciatore con tanto di video live invece, ha riscosso una manciata di dissensi in più.

Difficile comprendere cosa sia stato a far spostare a sinistra l’ago della bilancia. Più facile constatare che dopo cinquant’anni alla guida indisturbata, ora la sinistra perde potere anche in Emilia Romagna. Mentre, Matteo Salvini, porta la Lega a conquistare 32% dei voti in regione, aggiudicandosi il secondo posto tra i partiti più votati.

E su questo, Matteo, non può che festeggiare con un brindisi al Lambrusco.

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