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Lo sfregio dei pm a Napolitano: i boss in udienza con il Colle

La Procura di Palermo dice sì a Riina e Bagarella: potranno collegarsi col Quirinale per la testimonianza sulla trattativa Stato-mafia. Domani la decisione della Corte

Lo sfregio dei pm a Napolitano: i boss in udienza con il Colle

Roma - I boss al Quirinale? Irritato è dir poco. Giorgio Napolitano è deluso, anzi frustrato, anzi «rattristato e preoccupato». Ma il capo dello Stato non fa in tempo a infuriarsi per la diciassettesima fumata nera per la Consulta, non riesce nemmeno a dichiararsi «amareggiato» perché il Parlamento ignora i suoi appelli e dimostra la sua impotenza «auto-privandosi della capacità» di scegliere i nuovi giudizi costituzionali, che già deve di nuovo indispettirsi per l'ultimo colpo di teatro della procura di Palermo: i pm infatti hanno dato parere favorevole alla partecipazione di Riina e Bagarella all'udienza che si terrà sul Colle il 28 ottobre, quando il presidente dovrà deporre al processo sulla trattativa Stato-mafia.

Dunque i capi di Cosa Nostra entreranno davvero al Quirinale, sia pure solo in videoconferenza? Magari vorranno pure interloquire con Napolitano, fare delle domande? A decidere adesso sarà la corte d'Assise, che forse rigetterà l'istanza e consentirà l'ingresso solo agli avvocati. Intanto però il sasso è lanciato, la provocazione è partita. E qui, ragionano sul Colle, non si tratta più di una mossa ad effetto della difesa o di uno sfregio della mafia alla Repubblica italiana, ma del milionesimo capitolo della guerra che la magistratura ha dichiarato alla politica. Un conflitto che si è assai inasprito dopo che il governo ha cominciato a mettere mano al pianeta giustizia e dopo che il capo dello Stato ha detto che la riforma è «necessaria e urgente».

Con Palermo poi, lo scontro è totale. Le intercettazioni illegali, il conflitto di poteri sollevato dal Quirinale, il braccio di ferro vinto da Napolitano, la decisione della Consulta di far distruggere i nastri. Ora è il momento della vendetta. Prima i pm hanno ottenuto di ascoltare comunque il capo dello Stato, nonostante abbia detto di non sapere nulla, nonostante abbia già risposto per lettera alle domande che kafkianamente gli rifaranno. E adesso hanno appoggiato la richiesta dei boss.

Per carità, spiegano, nessuna rivalsa, nessun intento politico. Solo «motivi tecnici e procedurali». Secondo i pm infatti la possibilità di partecipare alla deposizione, seppure in videoconferenza, sarebbe prevista dalla stessa norma che la corte d'assise ha fatto valere quando ha autorizzato lo svolgimento dell'udienza al Quirinale, cioè l'articolo che disciplina l'audizione del teste sentito a domicilio. Inoltre, si legge nella memoria della procura, «alla luce dei principi generali che consentono all'imputato di partecipare al processo, un'eventuale esclusione, a fronte di una precisa istanza, potrebbe determinare una nullità processuale».

Totò Riina e Leoluca Bagarella sperano quindi di fare capolino sul Colle durante l'audizione del capo dello Stato. Con loro anche Nicola Mancino. L'ex presidente del Senato, ministro dell'Interno all'epoca dei fatti, cioè più di vent'anni fa, è imputato di falsa testimonianza. Ha chiesto pure lui di partecipare fisicamente alla deposizione di Napolitano e la pubblica accusa ha detto sì. Nessuno vuole mancare all'evento, nemmeno l'Ordine dei giornalisti della Sicilia, che ha presentato un'apposita mozione «per consentire il diritto di cronaca senza filtri e versioni riferite dai presenti che, anche involontariamente, potrebbero risultare parziali e condizionanti, specie in un'occasione così importante».

C'è anche un piano B.

Se la Corte non dovesse ammettere i giornalisti nella sala che verrà adibita ad aula di udienza, l'ordine chiede di farli stare in un ambiente collegato in videoconferenza o quanto meno con un segnale audio, «non necessariamente all'interno del Palazzo».

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