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Da Shanghai a Milano per i ritocchini. Chirurgia estetica, la sfida vinta di Amy

L'imprenditrice cinese e il suo centro che attira clienti da Pechino

Da Shanghai a Milano per i ritocchini. Chirurgia estetica, la sfida vinta di Amy

Un antico proverbio cinese dice che quando si hanno solo due centesimi, bisogna acquistare «una pagnotta di pane con uno, e un giglio con l'altro». Ovvero, mai sottovalutare il valore della bellezza anche quando si è in difficoltà. Ne sanno qualcosa le nuove generazioni femminili che anche nel Paese del Dragone, come in tutto l'Oriente sviluppato, hanno aumentato in questi anni in modo vertiginoso le richieste di interventi estetici più o meno invasivi.

Complici del dilagante fenomeno, le potenti influencer cinesi che orientano un business a nove zeri per l'industria della bellezza, sfruttando i 700 milioni di smartphone attivi sul territorio. E anche il modello di bellezza è stato costruito a tavolino dai web designer per il popolo femminile, secondo canoni che non hanno niente a che vedere con quelli occidentali. Niente labbra o seno oversize e men che meno zigomi sporgenti o glutei alla brasiliana. L'ideale da raggiungere per le millennials da Shangai a Hong Kong è riassunto nella «wang hong face», nuova venere virtuale che in cinese significa «celebrità di internet». I suoi parametri sono ben chiari ad Amy Tan, giovane imprenditrice di Shangai approdata a Milano dopo un periodo a Londra, durante il quale si è dedicata a comprendere le potenzialità di un mercato della medicina estetica che metta in sempre più stretta relazione Oriente e Occidente. La scelta dell'Italia e di Milano, dove ha fondato con un team di imprenditori italiani la prima clinica estetica specializzata per il pubblico orientale, non è casuale.

«Milano ha una forte presenza orientale anche per quanto riguarda il turismo - dice Amy - e le donne cinesi, anche quelle in vacanza, non rinuncerebbero a un ritocchino perchè, almeno in questo campo, hanno più fiducia dei medici occidentali che di quelli di casa propria. L'Italia e Milano, poi, per noi cinesi sono da sempre sinonimo di bellezza e armonia». Due parole inscindibili nell'immaginario femminile orientale e riassunte anche nel nome e nel logo della «Pico Clinic», rappresentata da un pavone e il cui significato in cinese mandarino è «mignon», ovvero «piccolo è bello». L'obbiettivo, spiega Amy, è avvicinarsi il più possibile ai canoni della wang hong face, un viso ideale a forma di cuore e possibilmente in «3D», ovvero «non schiacciato, come è purtroppo sovente nel nostro fenotipo. Le donne cinesi - spiega la trentenne imprenditrice - hanno spesso il complesso del viso tondo, del naso piccolo e largo (un po' a patata) e del mento sfuggente, oltre che degli occhi troppo stretti. Oggi tutte, fin da giovanissime, vogliono correggere gli errori ma non amano stravolgere l'armonia del volto e quindi possibilmente rifuggono gli interventi chirurgici troppo invasivi. Anche perché, la nostra pelle è molto più delicata di quella delle occidentali. Così, dopo una lunga analisi di mercato, abbiamo aperto a Milano una clinica di medicina estetica che utilizza soltanto tecniche e tecnologia moderna e poco invasiva, con prodotti riassorbibili: dalla mesoterapia al filling, dal botulino alla biorivitalizzazioni».

In pochi mesi di apertura, il centro ha già registrato un successo di affluenza sia da parte delle cinesi di nuova generazione residenti a Milano («tra cui molti studenti») sia da parte del pubblico di turiste orientali.

«Nel centro lavorano solo medici italiani e, anche se può sembrarvi strano, per noi sono sinonimo di eccellenza - dice Amy - la sanità cinese è invece ancora molto indietro a causa soprattutto della burocrazia e i milioni di nuovi ricchi trovano insopportabile il fatto di poter spendere e non avere un servizio al top».

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