Cronache

"Si è tradito dicendo 'sono calabrese…'"

Movio: "Quando Amri mi ha sparato Scatà ha reagito subito, da vero militare"

"Si è tradito dicendo 'sono calabrese…'"

Milano - «Sono contento di essere stato utile in questo marasma che sta sconvolgendo l'Europa». Cristian Movio, agente scelto di 35 anni, è nel letto dell'ospedale San Gerardo di Monza. È appena uscito dalla sala operatoria, ancora sedato, stanco ma orgoglioso di ciò che ha fatto. Riceve la visita del vicepresidente della Regione Lombardia Fabrizio Sala, cui dà la mano destra nonostante la ferita alla spalla e cui dà rispettosamente del lei tutto il tempo nonostante gli inviti dell'interlocutore a tralasciare le formalità. Il rappresentante del Pirellone gli porta i complimenti e i ringraziamenti del governatore Roberto Maroni, a Roma per impegni istituzionali, e di tutta la regione. È con Sala che Movio ricostruisce il film della notte più incredibile della sua vita.

Sarà felice anche che a lei e al suo collega sia andata bene.

«Soprattutto di aver fatto bene il mio lavoro e di essere stato utile. E sono contento della telefonata del ministro Minniti e del capo della Polizia Gabrielli».

Cosa vi ha aiutato di più in quei momenti?

«Il nostro addestramento e il nostro operato sono stati fondamentali per non lasciarci la pelle».

Cosa ricorda dell'altra notte?

«Eravamo di pattuglia vicino alla stazione, io ho notato quest'uomo in una zona d'ombra e mi sono insospettito. Ho preso l'iniziativa di controllarlo, mentre il mio collega era al volante, attivando la normale procedura. Ho chiesto i documenti allo sconosciuto, ma non li aveva».

Ha riconosciuto subito lo straniero come Anis Amri?

«No, era molto diverso da come appariva nelle foto segnaletiche. E più magro».

Cosa le ha fatto scattare l'allarme?

«Quando gli ho chiesto di dove fosse ha risposto: Di Reggio Calabria, ma il suo accento era straniero. Così mi sono accorto che qualcosa non andava e ho allertato il collega».

Poi cos'è successo?

«Gli ho chiesto di svuotare lo zainetto, ho cominciato a perquisirlo. Gli è caduto il marsupio e a quel punto all'improvviso ha sfilato la pistola dalla giacca e mi ha sparato da distanza ravvicinata. Io ho raggiunto la volante per ripararmi e così ha fatto Scatà».

Che si è mosso bene nonostante la giovane età.

«È stato esemplare. Ha reagito all'istante, quando l'uomo mi ha sparato. Ha messo a frutto il suo addestramento militare, con movimenti e gesti ineccepibili. Entrambi abbiamo risposto al fuoco. Il mio collega mi ha coperto e dato sicurezza, per questo ci siamo salvati. Anche perché il tunisino stringeva ancora l'arma in mano dopo essere stato colpito».

Ora cosa desidera?

«Salutare i miei amici e i miei colleghi che sono qui fuori (e che hanno scattato diversi selfie, ndr). Poi risposarmi un po'».

Il racconto del capo pattuglia è di attimi più che concitati. Lui è concentrato, alcuni dettagli della dinamica però inevitabilmente sfumano: resta sotto l'effetto dei farmaci. Inoltre gli aspetti più delicati li riferirà ai magistrati. Il professor Giovanni Zatti, che l'ha operato, lo controlla. Intorno ha l'anestesista e gli infermieri.

Il vice presidente della Regione gli dà appuntamento a Palazzo Lombardia, quando il clamore sarà passato, per parlare di giovani servitori dello Stato che fanno bene il proprio lavoro.

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