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"Siamo come il Venezuela Il M5s odia chi ha successo"

Il sociologo: con l'illusione di rendere i poveri un po' meno poveri, si addita come nemico chi ha lavorato e meritato

"Siamo come il Venezuela Il M5s odia chi ha successo"

Milano Siamo in Italia ma sembra di stare in Sudamerica. «In Venezuela», spiega Francesco Alberoni, uno dei più noti sociologi del nostro Paese.

Perché, professore?

«Questo attacco scriteriato ai pensionati cosiddetti d'oro, di cui ha parlato anche ieri il Giornale, fa pensare che ormai siamo al Venezuela di Chavez e di Maduro».

Con tutto il rispetto, ma non sta esagerando?

«Purtroppo no. È che si continua a sottostimare la forza dell'ideologia Cinque stelle, la stessa di Casaleggio, il profeta che predicava l'abolizione del parlamento e il sorteggio dei rappresentanti del popolo».

I Cinque stelle ce l'hanno con la casta. Qua si prendono di mira quelli che hanno lavorato una vita e ora portano a casa assegni sontuosi, sopra i 4.000 euro.

«A parte il fatto che non sono sontuosi, quello che si mette in moto è lo stesso meccanismo. I Cinque stelle si ergono a interpreti della volontà popolare e la volontà popolare è quella che è».

Vale a dire?

«Naturalmente la volontà popolare non può essere dimenticata, o peggio calpestata. Ci mancherebbe. Ma ci vuole una mediazione. Un conto è fare le leggi, altra cosa è dare voce ai desideri che nascono dalla pancia».

La politica perde la sua funzione?

«Peggio. Direi che è la società a impoverirsi. Chi è al di sopra della linea che caratterizza il poveraccio, quello che si potrebbe chiamare il morto di fame, diventa automaticamente nemico del popolo».

La classe dirigente dovrebbe mettere un freno a questa deriva?

«Ma la classe dirigente è debole perché a sua volta è stata delegittimata. È un processo progressivo che colpisce un po' alla volta le élite con effetti rovinosi».

Sarà, ma cosi si superano, secondo le intenzioni dei promotori, differenze inaccettabili, si cancellano situazioni vergognose, si ristabilisce un minimo di equità sociale.

«Non è cosi. La realtà è che la parte più avanzata, quella che ha lavorato e prodotto e dato lustro al Paese, viene messa all'indice con una campagna che distribuisce come fossero noccioline l'invidia e l'odio sociale. Dovremmo andare avanti, invece andiamo indietro».

Qualcuno, col vecchio metodo, ha versato meno di quel che ora incassa. Non è un'ingiustizia?

«Possiamo avanzare delle critiche, ma non si può trasformare in un mostro chi ha lavorato bene, ha costruito il benessere della propria famiglia, ha contribuito con la fortuna personale a quello dell'Italia. La verità è che stiamo demonizzando la nostra storia migliore, le pagine di cui dovremmo andare fieri, il nostro passato più glorioso».

Il presente chiama con la sua drammaticità.

«Mi dispiace ma questa è un'involuzione pericolosa».

Non sta sottovalutando il clima che c'è nel Paese?

«Questa situazione non è spontanea, ma è provocata ad arte, sfruttando la straordinaria potenza della macchina propagandistica a cinque stelle. Si segue un disegno ideologico perverso e dagli effetti disastrosi: prima la classe politica, messa ko, poi gli imprenditori, ora i pensionati che poi non sono d'oro. Stanno solo meglio delle masse che però non vengono educate, ma aizzate ad andare contro, ad alzare la voce, a gridare la propria rabbia contro i presunti potenti».

Come se ne esce?

«Dobbiamo contrastare questa politica anticapitalistica e in fondo antidemocratica che finisce con il disprezzare le istituzioni che non siano prone all'ossequio popolare e mette nel mirino anche la grande industria e le grandi opere come l'Alta velocità e il gasdotto che arriva dalla Russia».

I pensionati reagiranno male.

«Come i politici e come gli imprenditori. Qualcuno si consegnerà al nemico, come uno sconfitto, altri meditano purtroppo il suicidio o cadono in depressione, altri ancora stanno scappando all'estero, molti sono fuori di se dalla rabbia e dal disgusto, ed è ovvio che sia così: sfilano loro le pensioni come ladri. Anzi, come borseggiatori. E mettono in croce le energie migliori. Alla fine il nostro Paese fa un passo indietro.

E, coltivando l'illusione di rendere i poveri un po' meno poveri, sprofonda sempre di più».

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