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A Siena il Pd si aggrappa a Veltroni

Il ballottaggio è in bilico: dalle macerie dem rispunta l'ex segretario

A Siena il Pd si aggrappa a Veltroni

Sorpresa, a Siena si rivede Walter Veltroni. Cosa ha riacceso la passione dell'ex segretario del Pd per le vicende senesi? Ebbene, alle comunali del 10 giugno il sindaco piddino, Bruno Valentini, non ha vinto al primo turno ed è finito al ballottaggio: con il 27,4% dei voti, il prossimo 24 giugno se la vedrà con l'avvocato Luigi De Mossi il candidato civico appoggiato dal centrodestra, che si presenta con in tasca il 24,23%. La partita è rischiosa. In assenza di M5s che era senza lista, e con il senatore Matteo Renzi in giro oltreconfine per conferenze, il partito ha deciso di giocare la carta dell'apparentamento. Con chi? Con Pierluigi Piccini, ex sindaco di Siena, uscito dalle elezioni con il 21,27%. Sindaco uscente e sindaco del passato. Che per tutta la campagna elettorale si sono fatti la guerra: «Piccini rappresenta quasi una forza oscura che potrebbe far ripiombare la città in un passato da cui faticosamente cerchiamo di uscire, che è un passato di veleni», ha detto Valentini solo una settimana fa.

A fare da sensale all'inatteso accordo ci sarebbe proprio Veltroni che temendo una sonora sconfitta per sostenere la nuova squadra sarebbe pronto a tornare nelle contrade la prossima settimana e avrebbe chiesto di accompagnarlo a due alfieri del partito come l'ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda e l'ex premier Paolo Gentiloni. Non si sa ancora se i due risponderanno all'appello. La strategia di Veltroni sarebbe comunque quella di chiudere l'accordo Valentini-Piccini e delegare al secondo una sorta di commissariamento del sindaco, poi rifare la nuova segreteria del partito senese con un altro ex sindaco, Franco Ceccuzzi, nel ruolo di segretario del partito.

Dal canto suo, De Mossi che preferisce ballare da solo ha già definito il tandem Valentini-Piccini «il nuovo groviglio a sinistra» evocando il rapporto incestuoso che in passato ha legato la politica e la banca della città. Agli atti dell'inchiesta sull'acquisto di Antonveneta da parte del Montepaschi al tempo guidato da Giuseppe Mussari resta il racconto fatto ai magistrati dal presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini: «La mia nomina, come quella dell'avvocato Mussari alla guida della banca, fu decisa dai maggiorenti della politica locale e regionale e condivisa dai vertici della politica nazionale».

Per quanto riguarda i Ds, sempre secondo l'ex presidente dell'ente senese, Mussari aveva come referente Ceccuzzi (al tempo deputato Ds), «che a sua volta può essere inquadrato nell'area dalemiana», ma «aveva un rapporto cordiale anche con Veltroni, quando questi divenne segretario del Pd».

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