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Siena, riforma delle popolari e fisco così lo Stato aprirà il paracadute

Nel testo non solo la garanzia pubblica sull'aumento di Rocca Salimbeni e anche più tempo per gli isituti cooperativi

Siena, riforma delle popolari e fisco così lo Stato aprirà il paracadute

Roma - Al Monte dei Paschi restano fiduciosi (e altrimenti non potrebbe essere) che la soluzione-lampo alla crisi di governo rassicuri in qualche modo i mercati e consenta di portare a termine il piano di rafforzamento patrimoniale. Il «piano B», sotto forma di decreto legge, è però pronto da tempo e, considerato che a Via XX settembre resterà Pier Carlo Padoan, entro giovedì prossimo potrebbe essere «scongelato».

Ma cosa contiene questo provvedimento omnibus sul settore bancario e in quale modo lo Stato potrebbe intervenire per allevare le sofferenze degli istituti in difficoltà? Sostanzialmente il decreto consentirebbe al Tesoro di sostituirsi al consorzio di garanzia dell'aumento di capitale del Monte, finora guidato da Jp Morgan e Mediobanca, e subentrare ove vi sia dell'inoptato. Tale possibilità si formalizzerebbe, soprattutto, con l'acquisto delle obbligazioni subordinate qualora (e al momento è lo scenario più accreditato) venissero convertite in azioni. In questo modo, sempre che Bruxelles non venga meno alle concessioni che sembra aver fatto, il ministero dell'Economia ristorerebbe parzialmente con azioni della banca i clienti retail che hanno acquistato circa 2 miliardi di subordinati, mentre gli investitori istituzionali verrebbero penalizzati.

L'altra norma di portata sistemica per il settore italiano del credito è la riproposizione del comma stralciato dalla legge di Bilancio che consente di spalmare in cinque anni le elargizioni aggiuntive al Fondo di risoluzione che dopo aver ricapitalizzato per 1,8 miliardi le banche risolte (Etruria, Marche, CariChieti e CariFerrara) è praticamente a secco. In questo modo gli istituti potrebbero versare altri 2 miliardi e chiudere il 2016 senza impatti eccessivamente negativi a bilancio. Il Fondo potrebbe altresì partecipare, almeno parzialmente, a nuove ricapitalizzazioni sia delle quattro banche, alleggerendo Ubi che ne acquisirà tre e Crédit Agricole che dovrebbe prendere Ferrara. Difficile, al momento, ipotizzare ulteriori interventi su Veneto Banca e Popolare Vicenza, prossime alla fusione, e su Carige. Ma è chiaro che il decreto aprirebbe una sorta di paracadute anche su operazioni simili a quella che si effettuerebbe su Mps se necessario.

Allo stesso modo nel testo sono presenti le misure sulle Dta (deferred tax asset o, più semplicemente imposte anticipate) per le Bcc che il governo aveva inserito nell'emendamento banche, presentato alla manovra alla Camera e poi dichiarato inammissibile. Nel dl, si apprende, potrebbero anche entrare delle misure sulla riforma delle banche popolari che ne evitino la bocciatura da parte della Corte costituzionale, chiamata in causa dal Consiglio di Stato che ha già respinto una circolare di Bankitalia sulla possibilità di recesso dei soci.

Ancora non è chiaro, invece, se entrerà nel decreto la misura, auspicata da diversi parlamentari di maggioranza e opposizione, l'innalzamento da 8 a 30 miliardi di euro della soglia di attivi oltre la quale le banche popolari si devono trasformare in società per azioni.

Finalità prioritaria sarebbe quella di evitare alla Banca Popolare di Bari un cambiamento di ragione sociale che creerebbe gravi problematiche.

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