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La simbologia del neopresidente

La simbologia del neopresidente

diS tessi capelli, stessi paletot di vecchia foggia e stessi peana alla «sobrietà». Svanito Mario Monti, si celebra già nella figura di Sergio Mattarella una variante cattocomunista dell'austerità morale. «Schivo, cauto e dolente» lo raffigura Francesco Merlo su Repubblica . E sul Corriere Fabrizio Roncone ne sottolinea la «proverbiale riservatezza».

Dal circolo stretto di Renzi trapela la favola buonista del giovane premier folgorato sulla via del Quirinale da un «galantuomo» che, guardacaso, era il santone del vecchio Ppi quando il baby Matteo cominciava a sgomitare nel settore giovanile. Magari si può diventare presidente del Consiglio quasi per caso, ma capo dello Stato no.

Oggi comincia una nuova stagione politica in cui oltre già decantato «renzismo» si affianca a passi felpati, ma non con minore impatto, il «mattarellismo». Il neologismo è una semplificazione giornalistica, la pura codificazione di qualcosa che è sempre esistito ma che non si scorgeva più a occhio nudo. Non certo un torbido mondo di mezzo di sciagurate vicende, ma la prosecuzione della Prima Repubblica con altri mezzi.

Ci siamo intossicati con il «renzismo», quel ciclone tecno-giovanilistico di camicie bianche, tweet , slide, hashtag, Leopolde, sottosegretari capelloni e ministre seducenti. Ma accanto al nuovo che avanza non si è mai arreso un vecchio giro di potere che, et voilà , ha tirato fuori la testa dall'acqua all'ultimo secondo per appioppare un colpo da consumati professionisti della politica. Cominciamo a studiare il «mattarellismo» come fenomeno di costume sociale, ma guai a fermarsi qui. Le agiografie istantanee ci vogliono narrare un Sergio Mattarella che piomba al posto giusto in un Paese in crisi, a corto di soldi e di simpatia verso la classe dirigente. Ben vengano il vecchio cappottone scuro che tocca per terra in 15 anni di fotografie pubbliche, il frugale toast consumato al bar, il fedele barbiere che ogni settimana gli cotona la chioma candida, la passeggiata senza scorta con l'ombrello chiuso, la Panda grigia della figlia, la mancata iscrizione a Facebook , l'assenza di un profilo Twitter , la latitanza su Internet. Emblematiche la interviste ai vicini di casa, che non potendo descriverlo come un simpatico mattacchione pronto alla battuta, ne elogiano la gentilezza nel coltivare rapporti che si aprono con il buongiorno e si chiudono con la buonasera.

E non è finita. Del nuovo capo dello Stato stiamo scoprendo il passato scout, la passione per la sana vita sportiva, la lealtà verso i compagni di scuola, tutto quello che per comodità ci farà credere di aver affidato il palazzo del Quirinale a un nuovo Bergoglio che unificherà l'Italia. Sarà. Ma intanto queste superficiali caratteristiche non ci spiegano perché Renzi, grande rottamatore di sessantenni rompicoglioni (per lui) come Bersani-D'Alema-Veltroni, sia andato a rispolverare un 73enne di cui non si rintracciano dichiarazioni ufficiali superiori ai sei minuti dagli anni Novanta. Il leader del Pd ha ridato un ruolo ufficiale a una lobby che si credeva estinta, ma che in realtà non ha mai smesso di tramare per il potere. Ossia la vecchia sinistra Dc che, nata per contrastare l'indecisionismo e la moderazione dei Forlani, aveva trovato una seconda vita nel combattere le tv di Berlusconi (Mattarella), i governi di Berlusconi (Franceschini), la vita privata di Berlusconi (Rosy Bindi). Mentre il giovane Enrico Letta (altro ex Ppi) spariva di scena e Napolitano preparava l'uscita, ecco rimettersi in moto la vecchia compagnia di giro che sembrava destinata a essere interpellata solo nelle interviste di amarcord. Con Mattarella sono risbucati la stessa Bindi, Bodrato, Mancino e tanti altri attempati colonnelli democristiani in disarmo.

«Sergiuzzu» parlava poco ma pianificava da anni la scalata al Colle, come fece già pensare l'incarico di giudice costituzionale che gli tolse di dosso l'immagine sbiadita di un parlamentare in pensione. Al Quirinale ritornano i telefoni a gettoni che Renzi assimila alla preistoria politica.

Mattarella, falso presidente per caso, non manderà alcun tweet ma saprà sempre a chi fare la chiamata giusta.

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