Cronache

Il sindaco e i soldi per i migranti "No all'elemosina del Viminale"

Il Comune di Santa Lucia di Piave rifiuta 5mila euro: «Dateli alla Caritas». A Venezia marcia degli stranieri

Foto di archivio
Foto di archivio

«I soldi per l'accoglienza dei profughi? Teneteveli». La firma è del sindaco di Santa Lucia di Piave, un comune trevigiano, Riccardo Szumski. Con una lettera indirizzata al ministero dell'Interno, datata 10 novembre 2017, restituisce i 5mila euro che il governo aveva destinato al Comune per i profughi. «L'amministrazione comunale scrive il primo cittadino restituisce i 5.000 euro qui pervenuti come elemosina per l'accoglienza di dieci presunti profughi nella canonica parrocchiale di Sarano. Come ripetutamente comunicato da due anni a questa parte alla prefettura competente questa amministrazione non intende partecipare ad alcun programma di accoglienza stante la situazione dei tagli ai trasferimenti ai quali la nostra comunità è stata sottoposta negli anni, pur essendo virtuosa nei conti da sempre».

Il sindaco non ne vuole sapere, potrebbe incassare 5mila euro dati dal Viminale per i dieci migranti che vivono nella frazione di Sarano, nella «Locanda» gestita dai volontari della parrocchia, ma rispedisce i soldi al mittente. «No grazie». Anzi. A dire il vero, appena l'importo è stato accreditato sul conto del municipio trevigiano, subito è partito il contro-bonifico indirizzato al ministero dell'Interno. «Si invita a inoltrare conclude la lettera eventualmente i 5mila euro da noi restituiti all'organizzazione o ente che nel nostro territorio comunale ha ospitato i presunti profughi». Che dire, se tanti avessero adottato questo comportamento, scene epocali come quelle che a cui stiamo assistendo da lunedì a Conetta, frazione di Cona, nel veneziano non ci sarebbero.

Qui dall'ex base militare che ora ospita 1119 richiedenti asilo, in una frazione di 197 abitanti, in 120 martedì mattina sono partiti, hanno abbandonato la base, valigie in mano, guanti, sciarpa e berretto e chi in bici, chi a piedi ha iniziato a marciare su Venezia. Ieri sera ne sono partiti altri trenta. I richiedenti asilo vogliono incontrare il prefetto lagunare Carlo Boffi per dire che lì a Conetta non ci vogliono più stare, che dentro le tende fa freddo, che la cooperativa che gestisce il campo ha tolto le stufette, che alcune non sono funzionanti, che non hanno i documenti e che vengono trattati come animali. «A quelli delle cooperative dice una fonte che vuole rimanere nell'anonimato a Il Giornale interessa solo intascare i soldi. Stiamo dormendo per le strade ed è una vergogna per la dignità italiana. Se lo Stato non è in grado di prestare accoglienza, deve dire la verità e non accettare più soldi per la nostra accoglienza». Ma la protesta non si arresta e nella notte tra martedì e mercoledì i 120 richiedenti asilo avevano percorso una ventina di chilometri arrivando a Codevigo nel padovano. Qui la cooperativa ha messo loro a disposizione due pullman per passare la notte. Venti hanno dormito in strada. Ieri mattina sono ripartiti, ma sono stati bloccati dalle forze dell'ordine. Un dispiegamento enorme di volanti, furgoni della polizia, lampeggianti per tenere sotto controllo l'inferno. E la protesta non si placa.

Ieri mattina la rivolta è continuata all'interno del centro. Alcuni migranti si sono aggrappati alla cancellata della base, altri si sono arrampicati, altri esausti sbattevano il loro corpo sul cancello come a volerlo sfondare. Poi hanno incontrato il prefetto che con la testa bassa ha cercato, invano, di tranquillizzarli. Ieri in serata la notizia che ai migranti usciti dalla base, non sarà data copertura. E alla seconda notte fuori, perderanno la protezione.

Sarà un'altra notte d'inferno.

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