Politica

Il sindaco indagato si sospende dal M5s

Patrizio Cinque non si dimette. Nelle intercettazioni anche favori ai familiari

Domenico Di Sanzo

«L'incorruttibile» sospeso, anzi autosospeso, sì ma solo dal Movimento Cinque Stelle, mica da sindaco. La discutibile parabola di Patrizio Cinque, primo cittadino di Bagheria, provincia di Palermo, ieri è arrivata al paradosso. Proprio in questi giorni nei quali il Movimento è più «sospeso» che mai. Tra primarie bulgare e guai siciliani. Con «Rousseau» che si è pure inceppato un'altra volta. Patrizio Cinque da Bagheria, già fiore all'occhiello della «banda degli onesti» grillina, mercoledì è finito sotto inchiesta. Le accuse dei magistrati di Termini Imerese sono rivelazione del segreto d'ufficio, abuso d'ufficio, omissione di atti d'ufficio e turbativa d'asta. Un bel filotto per il sindaco che era stato definito «incorruttibile» da un pentito mafioso.

Cinque ha spiegato la sua decisione di sospendersi dal M5s con un post su Facebook: «Certo, è dura leggere quella ridda di accuse ma chiarirò tutto. Penso di non aver mai tradito il mandato che mi hanno affidato i bagheresi. Il Movimento Cinque Stelle è la mia seconda pelle e non posso permettermi che venga colpito, che colpiscano me, ma lascino stare il Movimento». Infatti, da grillino doc, poi ha aggiunto la solita solfa: «Ho piena fiducia nella magistratura, spiegherò tutto». E sembra di risentire le parole di Virginia Raggi, Filippo Nogarin, Chiara Appendino e del candidato premier Luigi Di Maio. Il vicepresidente della Camera, però, nei fatti si cura poco delle decisioni dei tribunali. E continua a battere palmo a palmo la Sicilia insieme al candidato alla presidenza della Regione Giancarlo Cancelleri, sospeso dal Tribunale di Palermo.

A Palagonia, nel catanese, trova il tempo di dire due parole sul caso del sindaco di Bagheria: «La sanzione morale è la cosa più importante che c'è, credo che questo sia il modo di fare in politica e lui dimostrerà di essere innocente». Peccato che per lo stesso principio anche Di Maio avrebbe dovuto auto sanzionarsi, essendo indagato per diffamazione dalla Procura di Genova. Ma tant'è.

Beppe Grillo tace, e scoppia il botta e risposta tra gli «autosospesi». Cinque è inguaiato anche da una serie di intercettazioni telefoniche. Tra cui questa: «La situazione l'ha messa quella minc... della Mannino, siamo veramente dei geni, vediamo di far abbassare la sanzione». La storia è quella di una multa per abusi edilizi nei confronti del cognato del sindaco. Con Cinque che tira in ballo la deputata Claudia Mannino. La «portavoce», sospesa dal M5s dopo il caso delle firme false, è autrice di un emendamento per l'inasprimento delle sanzioni per gli abusi edilizi.

Non si è fatta attendere la risposta della Mannino: «Per molti ho solo una gravissima colpa: essere coerente con le idee iniziali del Movimento Cinque Stelle, idee che sembrano essere state abbandonate». In un'altra intercettazione, il sindaco avverte i familiari dell'inchiesta sulla casa abusiva. Dice alla sorella Anna Maria: «Ti devo parlare per la casa, capito?». Poi avvisa il cognato Domenico Buttita: «Ci dobbiamo vedere, ti devo parlare, al più presto, anche ora se possibile.

Tra dieci minuti al Punto Snai, ci vediamo là».

Commenti