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La sinistra ora riabilita Berlusconi per tenersi pronta alle larghe intese

Farinetti: "Mi piace Silvio". E i renziani fanno il filo agli azzurri

La sinistra ora riabilita Berlusconi per tenersi pronta alle larghe intese

Lo spettro di un Nazareno bis ha agitato le primarie Pd stravinte da Renzi, segno che lo spettro non fa poi così paura all'elettorato democratico. L'ipotesi di un piano inconfessabile per un governo di larghe intese con Berlusconi è stato ripetuto come un refrain dagli avversari dell'ex premier, da Emiliano («Vero Matteo che hai in mente di fare un governo con Berlusconi, il tuo vero maestro?») a Orlando («Se vince Renzi si farà l'alleanza con Berlusconi»).

A precisa domanda, il riconfermato segretario Pd replica che l'accusa lo fa un «po' ridere» perché «la grande coalizione con Berlusconi l'hanno fatta quelli che si sono messi tutti insieme pur di mandarmi a casa», senza però chiudere le porte all'eventualità post-elezioni («Il Parlamento lo deciderà»). Un ritorno alle larghe coalizioni che «tanti tra di noi», ammette Matteo Orfini, vedono come «un rimedio contro tutti i mali», anche se per il presidente del Pd sarebbe la scelta migliore per produrre nuovi scissioni nel partito. L'opzione larghe intese, però, resta sul campo molto più di quanto non si riconosca ufficialmente.

Il milieu renziano, intanto, prepara il terreno. Il Foglio, quotidiano filorenziano con cromosomi berlusconiani che da tempo caldeggia la riedizione del Nazareno in chiave antipopulista, fa parlare uno degli sponsor del renzismo, il patron di Eataly Oscar Farinetti, frequentatore di Leopolde e grande estimatore del Renzi, più del primo che dell'ultimo. Ma non solo di lui. «Mi piace Berlusconi, ci stiamo rendendo conto che alcune cose che diceva non erano sbagliate» confessa l'imprenditore. Persino una delle uscite più massacrate dal fronte antiberlusconiano, quella sui ristoranti pieni, viene riabilitata da Farinetti, autorità nel settore. «Quando parlava dei ristoranti pieni aveva ragione: non è una follia tirarsi su di morale. Idem sul ponte sullo stretto di Messina, sono favorevole, purché stia su».

Nelle manovre per chiudere in tempi brevi la partita sulla legge elettorale (dossier preso in mano personalmente da Renzi subito dopo la vittoria alle primarie) si ritrovano gli indizi di un'intesa con i berlusconiani. È il sospetto che genera l'ultima proposta messa sul tavolo dal Pd, un sistema semiproporzionale alla tedesca, gradito al Cavaliere, anche se la linea ufficiale è smentire. «Pare che il Pd stia lavorando per portare in Italia il sistema elettorale tedesco - attacca invece Giorgia Meloni leader di Fdi - Visto che in Germania da oltre 10 anni ci sono governi di larghe intese è evidente dove voglia andare a parare Renzi...».

Un non renziano come l'ex premier Enrico Letta, fatto fuori da Palazzo Chigi per lasciare il posto all'ex sindaco di Firenze, vede già Berlusconi nella stanza dei bottoni nel 2018 («O nella prossima legislatura ci sarà una grande coalizione, o sarà molto complicato»). E al momento i sondaggi, con una tripartizione tra Pd, M5s e centrodestra, non lasciano immaginare scenari troppo diversi. A meno che la nuova legge elettorale non cambi le regole del gioco. Lo sdoganamento del berlusconismo a sinistra, comunque, è un fenomeno osservabile già a qualche tempo. Persino da insospettabili ex nemici feroci del Cavaliere. Come il professor Gustavo Zagrebelsky, firmatario di svariati appelli contro il «regime» berlusconiano, non avrebbe nulla da ridire su un compromesso con il leader di Forza Italia, «chi l'ha detto che è un inciucio?». E altri padri nobili e leader di sinistra, da Canfora a Landini, hanno rivalutato l'antico nemico.

Per i renziani, metà del lavoro sarebbe già fatto.

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