Referendum sulle Autonomie

La sinistra snob del Nord che non vota (senza perché)

Da Busi alla Moretti, da Carlotto a Pisapia. Unica cosa in comune: solo ideologia

La sinistra snob del Nord che non vota (senza perché)

Roma Solo uno spreco di tempo. La fiera dell'inutilità. Una presa in giro. Il partito del «no» al referendum composto da intellettuali e politici nordisti sale sulle barricate e picchia duro sulla consultazione autonomistica di Lombardia e Veneto. Le argomentazioni, però, più che sul merito si concentrano e si muovono sul filo dell'appartenenza, nell'ottica consueta della sinistra contro la destra, in base insomma a un pregiudizio consolidato.

Di giudizi approfonditi sul regionalismo differenziato previsto dall'articolo 116 della Costituzione che consentirebbe a Lombardia e Veneto di occuparsi di tutte o alcune delle 23 materie che la costituzione stessa definisce di competenza concorrente tra Stato e Regioni, non si trova molto. Ci si muove sul terreno del generico. Oppure si paventa il rischio di un possibile isolazionismo delle regioni ricche quando invece i promotori hanno allontanato in ogni occasione utile qualsiasi «suggestione catalana», fantasma cavalcato strumentalmente da alcuni esponenti politici.

Di certo nel partito del «no» ci sono alcuni grandi nomi dell'imprenditoria veneta e della finanza milanese, molti intellettuali, la sinistra politica e la Cgil. C'è Giuliano Pisapia, secondo il quale «la consultazione è una presa in giro per gli italiani. Un inganno. Non voto. Se fosse un referendum vero farei di tutto per vincerlo. Ma così non è. È una promessa fatta e non mantenuta». È contrario il padovano Claudio Cupellini, uno dei registi della serie tv Gomorra. «Vivo a Roma da anni ma sono spesso in Veneto - racconta al Corriere Veneto -, detto questo, sono lontano dal concetto di autonomia, è spesso associata a idee politiche lontanissime dalle mie e farebbe crescere ancora di più le distanze dall'Italia». La pensa così anche un altro padovano, lo scrittore Massimo Carlotto: «Domenica non vado a votare. Questo referendum è una ricerca di consenso per poi dare la colpa al governo se non accade nulla, è una mossa politica intelligente. Inoltre, io non ho mai creduto nell'autonomia». Schierato è anche lo scrittore Aldo Busi nettamente «contro quella cagata pazzesca dei referendum per l'autonomia della Lombardia e del Veneto». Giudizio non esattamente approfondito messo in testa a un racconto pubblicato dal Fatto Quotidiano (dedicato al suo maestro di scuola, fondatore del Museo Storico del Risorgimento) che ben esemplifica il livello di approfondimento dedicato dal «club del no» al contenuto del quesito.

Un altro che si scaglia contro la consultazione è l'imprenditore trevigiano Luciano Benetton. «Autonomia di cosa? Mi sembra una stupidaggine, una battuta. Con le campagne Benetton abbiamo cercato di sentirci europei ben prima del 2000, prima, cioè, di avere un unico passaporto e un'unica moneta». Sulla stessa linea Matteo Marzotto: «Una pazzia. Sono contrario a questo referendum, per una regione di quattro milioni di persone isolarsi è una pazzia». Al gruppo si unisce con convinzione Alessandra Moretti: «Il referendum è inutile: dal giorno dopo tutto resterà come prima. Zaia tratti subito con il governo senza spreco di soldi». Sulla linea di Alessandra Moretti la collega Deborah Serracchiani convinta che i referendum siano «tra i più inutili».

Giudizio secco e un po' paradossale dato che viene dalla (invidiata dai colleghi) governatrice di una Regione a statuto speciale.

Commenti