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Sisma, il commissario in fuga Errani lascia per un seggio

Il responsabile della ricostruzione in rotta con il Pd molla dopo un anno: pronto a candidarsi con Bersani

Sisma, il commissario in fuga Errani lascia per un seggio

A un anno dal terremoto solo il 12% delle macerie è stato rimosso, le città simbolo (da Amatrice a Norcia) sono come il sisma le aveva lasciate nel 2016, lo stato di emergenza è stato da poco prorogato dal governo fino a febbraio proprio per l'estremo ritardo dei lavori, ma il commissario per la (mancata) ricostruzione Vasco Errani saluta e se ne va. L'ufficialità dovrebbe arrivare domani con una conferenza stampa, già convocata per le ore 15, del premier Paolo Gentiloni insieme ad Errani proprio sullo stato dei lavori post terremoto, mentre Palazzo Chigi fa filtrare alle agenzie una velina per cui «non si tratterebbe di dimissioni ma di una uscita legata alla scadenza dell'incarico prevista per il prossimo 9 settembre», perché si sarebbe entrati in una fase di «normalità» che possono gestire le Regioni senza la figura di un commissario straordinario.

Una formula diplomatica - la normalità nelle zone distrutte dal terremoto è lontanissima - che nasconde le ragioni di fondo dell'addio precoce dell'ex governatore dell'Emilia Romagna, ripescato dall'allora premier Renzi (dopo un'inchiesta finita con l'assoluzione) anche per distribuire una nomina in quota sinistra Pd, area di cui faceva parte il bersaniano Errani. E a cui potrebbe tornare, una volta smessi i panni del tecnico, da parlamentare, con le elezioni politiche alle porte. Perché l'ipotesi più accreditata sul futuro prossimo di Errani è proprio un seggio con Mdp, il partito nato dalla scissione del Pd, dove sono confluiti i suoi ex compagni della minoranza antirenziana, da Bersani a D'Alema. Qualche mese fa Errani ha sciolto le riserve politiche: «Lascio il Pd, c'è bisogno di un nuovo campo del centrosinistra, detesto la deriva del partito e non mi convince un'idea di democrazia fatta solo dal popolo e dal leader», un evidente riferimento a Matteo Renzi. Con cui Errani, pur nel ruolo di tecnico di Palazzo Chigi da lui nominato, era ormai in rotta di collisione, anche sulla gestione della ricostruzione, ruggine esplosa in un fuorionda in cui accusava il governo di non fare niente («Non esiste che per cominciare a fare le casette, che non è ciò che devo fare io, si attenda di avere il fabbisogno definitivo di tutte le casette. Non esiste! Non esiste che per fare le stalle bisogna metterci tutto questo tempo. Non esiste! Non esiste!»). Quindi l'adesione a Mdp, la presenza in pizza a Roma per il battesimo di «Insieme», la «nuova casa comune del centrosinistra» di Pisapia ed ex Pd. E ora, la probabile candidatura.

Ma più del futuro di Errani, preoccupa quello delle zone terremotate ancora in macerie. L'idea del governo sarebbe di non rimpiazzare Errani con un nuovo commissario (lavoraccio per cui non c'è la fila di aspiranti), ma affidare la gestione in modo più diretto alle Regioni. Sarà l'argomento della conferenza di domani con Gentiloni affiancato per l'appunto dai quattro presidenti delle Regioni colpite e dal nuovo capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, che fornirà i dati sulla ricostruzione. I sindaci però non hanno accolto particolarmente bene la notizia dell'addio. «Se Errani se ne va inizio lo sciopero della fame» dice il sindaco di Arquata del Tronto Aleandro Petrucci. «Sono molto rammaricato, era diventato un punto di riferimento, quando gli ho telefonato mi ha sempre risposto e dato buoni consigli, ormai sapeva i nostri problemi. Far gestire la ricostruzione della Regione? La Regione è molto lontana per quel che mi riguarda. Mi dispiace dirlo ma pensa di più a paesi più grandi o politicamente più vicini». Ora «la ricostruzione si fa più difficile, più lontana» commenta il sindaco di Acquasanta Terme, Sante Stangoni, «sarebbe opportuna una proroga almeno sino alla fine dello stato di emergenza, che è stato a sua volta prorogato fino a febbraio 2018».

Per il sindaco di Visso, Giuliano Pazzaglini, è quasi una liberazione, perché il commissario straordinario «non è una struttura necessaria, anzi è una infrastruttura di cui non vedo l'utilità», e pure per Sergio Pirozzi, instancabile primo cittadino di Amatrice, cambia poco, «tanto gli unici che ci rimangono sempre so' i sindaci».

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