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"Il sistema dei trasporti è al collasso Così questo Paese non ha più futuro"

L'ex ministro traccia le linee per la crescita: «Bisogna saper decidere Prodi, Monti e Passera hanno fatto solo danni. Il M5s? Va ignorato»

"Il sistema dei trasporti è al collasso  Così questo Paese non ha più futuro"

Come in tante altre cose, anche sul piano infrastrutturale l'Italia è indietro di vent'anni rispetto ad altri Paesi. E visti i ministri che negli ultimi tempi hanno retto le redini del ministero delle Infrastrutture c'è poco da meravigliarsi. L'unico che ha dimostrato notevoli capacità è stato l'ingegner Pietro Lunardi, che ha guidato il dicastero nei governi Berlusconi II e III (2001-2006).

Professore, perché questo ritorno sulla scena?

«Per ricordare che il patrimonio infrastrutturale ottenuto in Europa in occasione della presidenza italiana dell'Ue (secondo semestre del 2003), è stato quasi completamente ignorato dai governi dopo il 2006. Patrimonio che avrebbe permesso al nostro Paese di diventare protagonista trasportistico nel Mediterraneo».

E, invece, come siamo messi?

«Basta ascoltare i bollettini di Isoradio per capire come il sistema trasportistico sia al collasso. È un Paese che non ha futuro».

Qual è la sua ricetta?

«Il modo per risolvere i problemi è uno solo: decidere e lavorare».

Grazie a lei, dopo la presidenza italiana del consiglio dei ministri dei Trasporti dell'Ue del 2003, i collegamenti tra Italia ed Europa cominciarono a cambiare.

«Trovammo l'accordo con Austria e Francia per realizzare i trafori ferroviari del Brennero e del Frejus. Oggi queste opere sono in costruzione ed entreranno in esercizio entro dieci anni, ma il successo vero è stato quello di averle decise. Attraverso questi valichi alpini abbiamo agganciato fisicamente l'Italia all'Europa sotto il profilo trasportistico, consentendo all'Italia del Sud di aspirare il traffico commerciale tra Suez e Gibilterra per convogliarlo verso il cuore dell'Europa».

Che ruolo riveste l'Italia nel Mediterraneo?

«La sua vocazione sarebbe da protagonista trasportistico ma se non ci attrezziamo subito di porti, retro porti, autostrade e ferrovie perdiamo per sempre la possibilità di sfruttare la nostra posizione geograficamente dominante».

Si dice che manca lavoro: le grandi opere risolverebbero anche questo problema?

«Certo. Solo le opere pubbliche che garantiscono il lavoro diventano il carburante per lo sviluppo economico del Paese».

Parliamo di Sud. Perché il Ponte non riesce a partire?

«Perché i siciliani non hanno mai dimostrato concretamente di volerlo e perché solo in pochi hanno capito che per un decisivo rilancio del Sud e della sua posizione strategica nel Mediterraneo il Ponte è irrinunciabile. E anche perché qualche premier ha dimostrato poco senso dello Stato e per proprio tornaconto ha danneggiato il Paese senza rendersi conto che questo comportamento ci si ritorcerà contro. Altrimenti non mi spiego le scelte di Prodi, Monti e Passera».

Turchia, Danimarca, Cina, per esempio, si sono dotati di ponti straordinari.

«Non sono più bravi di noi, sono solo capaci di lavorare ma soprattutto di decidere».

Il Ponte sullo Stretto farebbe rifiorire il Sud?

«Il termine rifiorire è riduttivo. Il Sud diventerebbe il vero motore per il rilancio dell'economia del Paese. Alla fine si tratta solo di un pezzo di strada e un pezzo di ferrovia».

Lei vorrebbe addirittura un ministero per il Sud.

«Sì, a tempo determinato, che lavorasse alla realizzazione di un masterplan trasportistico che desse al Sud quello che non ha mai avuto: il dono della mobilità».

Sa che se il M5s andasse al governo annullerebbe tutto il piano per le grandi opere?

«Le loro teorie, oltre ad essere fallaci, vanno contro gli interessi del Paese. Spero che le nuove generazioni non si facciano incantare da questi falsi profeti. Questa gente va ignorata».

Tornerebbe a fare il ministro?

«Ritornerei solo se avessi carta bianca per completare il masterplan trasportistico contenuto nella legge obiettivo del 2003 che prevedeva la realizzazione di 120 opere infrastrutturali in 10 anni da 125,8 miliardi di euro».

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