Cronache

La Sla raccontata da chi la vive sulla propria pelle

La battaglia di Mario Melazzini, medico impegnato nel sociale

La Sla raccontata da chi la vive sulla propria pelle

Leggere questo libro serve a chi sta lottando contro una malattia e anche a chi è in perfetta salute: al primo infonde forza e speranza, al secondo trasmette la consapevolezza della grande fortuna che racchiude una vita vissuta senza malattie. Il suo titolo: «Lo Sguardo e la Speranza. La vita è bella, non solo nei film», (Edizioni San Paolo 2015) è legato ad una frase scritta dal suo autore mentre racconta la storia della sua vita: di marito padre e medico, prima, di malato di Sla poi.

Mario Melazzini, però, riesce a spiegare come il passaggio da medico a paziente si sia trasformata in un'esperienza unica che è servita a dare un senso alla malattia e un conforto a tanti malati come lui che non saranno mai destinati a guarire. Infatti, spiega l'autore, «inguaribile non è sinonimo di incurabile e anche se non posso guarire, voglio continuare ad essere d'aiuto per gli altri, i miei pazienti, i miei compagni di malattia, in tutte le fasi del loro difficile percorso. Il malato ha bisogno di essere indirizzato su una terapia ma ha bisogno soprattutto di non sentirsi solo». Così Melazzini si racconta. A cominciare dal trauma che la diagnosi di Sclerosi laterale amiotrofica gli ha provocato a 45 anni, nel pieno della sua realizzazione personale e professionale. La patologia neurodegenerativa che ancora non perdona, inizialmente lo ha completamente spiazzato. Gli ha provocato anche una profonda depressione ma alla fine è riuscito a scavare dentro il suo animo e a capire se stesso nel profondo. «Con la malattia, tutto è cambiato. Ho capito quanto fossi proiettato soltanto sul lavoro, sul successo professionale. Ho capito che egoisticamente mi ero concentrato solo su me stesso. Soprattutto ho capito quanto poco avevo fatto per le persone che mi amavano, per Daniela, ma in particolare per i miei figli».

La consapevolezza degli errori del passato lo portano ad accettare la nuova realtà. A cominciare dalla perdita della sua autonomia. «Grazie alla carrozza, oggi faccio tutto. Non solo mi muovo, ma posso andare. È una sfumatura importante, per cui il concetto di mobilità si allarga all'idea di autonomia,di indipendenza». E lentamente si identifica nella frase di Pavese: «È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante».«Quando ho preso coscienza del fatto che stavo ricominciando a vivere racconta Melazzini - è successo quello che nessuna medicina miracolosa avrebbe potuto fare accadere: perché i miracoli non sono solo materiali, anzi. Sono guarito dentro. E ho cominciato prima di tutto ad aiutare me stesso, poi ad aiutare gli altri così, cercando ogni volta di trasmettere a chi è malato di SLA, di tumore o di altre malattie, fa poca differenza questo approccio nuovo. La vita merita sempre di essere vissuta, dal momento del concepimento sino alla sua fine naturale, anche con la malattia».

E il «miracolo» personale l'autore lo ritrova nel suo impegno sociale e professionale. Che nonostante la malattia lo porta diventare, oltre che Presidente di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) anche di AriSLA (Fondazione Italiana di ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica). L'autore diventa attivo e partecipe, ritrova l'amore e la passione per la vita. Ai centri di ascolto si arricchisce di altre esperienze e ammette: «La forza di andare avanti me la danno loro, i miei compagni di malattia, i miei pazienti. In qualche caso sono riuscito ad aiutarli, offrendo consigli di tipo medico, ma soprattutto condividendo in maniera profonda la mia con la loro esperienza. Stare vicino a loro mi ha fatto e mi fa stare bene: ridimensiono i miei problemi.

Mi ricordano che la vita è bella, non solo nei film».

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