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Smettetela di farvi belli: il vero fascino è la semplicità

N ell'ultimo libro di Michel Houellebecq (edizioni La nave di Teseo) - molto interessante, ammetto, attraversato da un doloroso e allo stesso tempo ironico monologo interiore che a me ha ricordato il Nabokov di Lolita e, in qualche modo, il Kerouac dei Sotterranei - che pian piano ti «tira dentro» , c'è un passaggio sul quale mi sono soffermato, mi ha fatto riflettere, e ha dato il via, nella mia testa, ad una serie di concatenamenti mentali che oggi vorrei condividere con voi. Il protagonista sta per separarsi dalla moglie orientale e ripercorre, nel pensiero, le doti di lei ed i di lei difetti, che lo turbano. Tra questi ultimi il fatto che la donna avesse sperperato, negli anni di matrimonio, soldi e tempo, in quantità abnorme, per vestirsi, curarsi, in poche parole «farsi bella». E qui l'autore scrive: «le donne non lo sanno ma è una cosa che da fastidio, li disgusta (gli uomini) finisce per dar loro la sensazione di aver comprato un prodotto adulterato la cui bellezza non riesce a conservarsi se non tramite infiniti artifici ()».

Ecco, questo il passaggio che farà (con me) senz'altro riflettere le infinite lettrici (e lettori) del Maestro francese. Non è tanto il fatto che a lui non piacciano (e con lui sembrerebbe anche a molti altri) le donne che passano infinito tempo davanti allo specchio, per vestirsi o truccarsi; a me quello che sembra il punto centrale di questo passaggio risponde piuttosto ad una sola parola: semplicità . Houellebecq sembra cogliere lo spirito del tempo, quello che i tedeschi chiamavano classicamente «Zeitgeist». Oggi le persone più in linea con lo spirito del tempo sono le donne, e gli uomini, che non perdono tempo. In generale, dico. Non perdere tempo per acquistarne dell'altro. Per godere della semplicità, per accontentarsi, per essere ciò che si è. Io credo che sia profondamente vero quello che scrive Houellebecq sulla cosmesi e la paranoica cura di sé, e sulla eccessiva enfasi data da alcuni (donne e uomini) alla gestione del proprio aspetto esteriore. Aggiungendo che anche l'esercizio fisico ha dei limiti; se si è dilettanti tali bisogna rimanere senza entrare di forza nell'area dei professionisti che si allenano, piuttosto, per raggiungere obiettivi. L'esercizio fisico eseguito per tonificarsi andrebbe dosato perché il surplus derivante dall'eccesso non serve e non fa bene. Crea solo scorie.

Ecco, pensavo, dunque, che con semplicità e abbassando i toni, in generale, ci si può occupare del proprio fisico in superficie ed in profondità ma senza esagerazioni. Così come il dosaggio quotidiano dei beni di prima e seconda necessità (mangiare, bere, fumare) può permetterci di avere tutto senza poi dover rinunciare, in una volta sola, a tutto, nuovamente. La «via di mezzo», l' avrebbe chiamata il Buddha.

Insomma, quel passaggio, nel libro, mi ha portato a pensare che calibrare, nella vita, significa tenere a bada la mente. Si può essere belli per come si è, tonici senza esagerazioni, eleganti con pochissimi e sceltissimi (e soprattutto amati) capi nell'armadio; si può essere belli in primis per sé stessi perché, piacendosi per come si è, si avrà la stessa espressione di chi la pensa come te, in una sorta di «riconoscimento» tra anime serene.

Per finire; sapete come la pensa davvero sulla semplicità il nostro Houellebecq? Lui pensa, in un passaggio successivo del libro, che «fingere indifferenza nei confronti della propria bellezza ()» sia una «astuzia supplementare» ma che alla fine porti almeno al medesimo risultato (senza particolari sforzi) di coloro che perdono buona parte del proprio tempo in inutili eccessi per tentare di diventare ciò che non si è.

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