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Solito pasticcio all'italiana: vietati i bus low cost

Un codicillo inserito (per errore) nel testo del decreto rischia adesso di far chiudere il settore

Solito pasticcio all'italiana: vietati i bus low cost

Allora il problema non sono Uber e gli Ncc abusivi. La rogna arriva direttamente dal governo che autorizza i «cattivi», e etichetta come fuorilegge i «buoni». Ma tra buoni e cattivi, il ruolo del brutto è sempre quello del governo: nel testo della legge Milleproroghe approvata la scorsa settimana al Senato e arrivata lunedì a Montecitorio, infatti, è finito un emendamento che con le proroghe ha poco a che vedere. Una postilla il cui effetto è quello di ostacolare l'attività dei bus low cost, i nuovi servizi di trasporto interregionali a prezzo scontato portati in Italia da società come Megabus e FlixBus, e utilizzati da centinaia di migliaia di persone in alternativa a treni o aerei. Il testo prevede che solo gli operatori del trasporto, e non piattaforme digitali, possano ottenere l'autorizzazione a operare quelle tratte. Una follia. Di fatto un blocco, che fa contenta l'Anav, l'associazione dell'autotrasporto viaggiatori, ovvero la concorrenza.

Naturalmente FlixBus ha protestato definendo questa anomalia «un blitz ad personam», ma la cosa buffa che solo in Italia può accadere, è che le critiche sono arrivate anche dallo stesso relatore alla Camera del decreto Milleproroghe, Andrea Mazziotti (gruppo Civici e innovatori), che definisce questo pasticcio «la solita figuraccia all'italiana».

«Come relatore del decreto Milleproroghe alla Camera, esprimo la mia netta contrarietà alla gravissima forzatura anticoncorrenziale inserita al Senato nel settore degli autobus low-cost, definita anti-Flixbus. Chiederò al governo in aula di fare un passo indietro su quanto approvato già nei prossimi provvedimenti, a partire dal ddl concorrenza. Una gravissima forzatura contro il mercato», ha detto.

L'emendamento è stato riformulato cinque volte, segno che al Senato c'è stata discussione. Ma l'ultima versione, approvata in Commissione e poi in aula, ha avuto il parere positivo anche del ministero dei Trasporti. «Si tratta di una mediazione», si difende il senatore Pd Stefano Collina, relatore del Milleproroghe a Palazzo Madama. Spiega che le liberalizzazioni in Italia procedono sempre così, «tra spinte opposte». Anche se in questo caso non si trattava di liberalizzare, semmai di non chiudere un settore (per una volta) già aperto. Cosa che, ammette, un decreto di proroga non dovrebbe per natura fare.

Il guaio è che alla Camera non c'è più tempo per rimettere mano al Milleproroghe.

Dovrà essere un'altra legge a riparare il danno, ma con grosse incognite su modi e tempi.

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