Politica

Sondaggi, la linea dura paga Il Carroccio supera i 5 Stelle

In una settimana guadagna il 2,2%. Grillini inquieti: il distinguo del ministro Bonafede sull'immigrazione

Il Pd, che ne ha fatto un peloso argomento di riconquista dei voti perduti a sinistra, lo definisce «padre padrone del governo». Non mancando perciò di attaccarlo sul facile spartito della compassione per i migranti. Ma ha voglia il segretario pd Martina (così come gli «ex» Renzi e Gentiloni) a dire che «l'umanità viene prima dei sondaggi». Evidenza del fiuto politico a parte, sono proprio questi ultimi a decretare il successo della linea salviniana di queste prime settimane al Viminale. Secondo l'ultimo della serie, fonte Swg, presentato ieri sera dal Tg di Mentana, Salvini ha superato di gran carriera le Cinque Stelle e si propone come prima e assoluta étoile della coalizione. Meriti del capo leghista, certo, ed evidente fatica grillina di reggerne il passo (sia comunicativo che nel decisionismo): se Di Maio e compagni perdono in una settimana il 2,5 per cento, la Lega cresce quasi altrettanto (2,2) e passa al 29,2 contro il 29 del partito di maggioranza relativa alle elezioni del 4 marzo. Il Pd è in stallo con soli 4 decimali in più (18,8%), Forza Italia torna a superare quota 9 per cento (0,6% in più), sale di un gradino anche Fratelli d'Italia, dal 3,9 al 4,1.

Ovvio che una rilevazione statistica lasci il tempo che trova. Eppure, quando pochi giorni fa il presidente francese Macron aveva criticato il guanto di ferro del ministro dell'Interno (proprio lui), la popolarità delle scelte di Salvini avevano avuto un altro picco e addirittura il 95 per cento degli interpellati da SkyTg24 si erano detti d'accordo con il capo leghista nel sollecitare le scuse dell'ipocrita transalpino. Segno che l'esecutivo vive pienamente il suo periodo di luna di miele, ma chi se la sta godendo è Salvini e non Di Maio. Il quale, intervistato ieri dall'Huffington Post, non ha potuto far altro che buon viso a cattivo gioco. Salvini considerato premier «di fatto» in Italia e anche all'estero? «È un complesso che non ho. Come non lo hanno i nostri ministri o i nostri parlamentari», ha detto. La spiegazione del ministro del Mise-Lavoro è che «semplicemente uno dei primi temi che stiamo affrontando è quello dell'immigrazione... Fui io stesso a sollevare un anno fa la questione delle Ong. Semplicemente siamo andando avanti compatti su questo tema... Ricordo sempre che c'è un unico premier e si chiama Conte. Poi ognuno di noi fa il proprio lavoro, e lo stanno facendo tutti bene». Ma troppi semplicemente tradiscono un imbarazzo che induce a non innescare polemiche: il blocco dei porti, ha sostenuto Di Maio, «è stata una decisione partecipata a livello di governo, non si sarebbe potuta prendere senza Palazzo Chigi e ministero delle Infrastrutture. Non siamo più disponibili a rendere i nostri porti riferimento per Ong che non battono bandiera italiana, non siamo più disponibili ad attendere». Minimi anche i distinguo sulla questione rom: Di Maio e Bonafede si limitano a dire che non si tratta di censimento, ma di monitoraggio.

Piccoli aggiustamenti a fronte delle pressioni dell'ala di Fico, che invece spara sull'alleato Orban ma non sfonda: la linea di Di Maio resta un unanimismo suggerito dal buonsenso, nel quale si ritrova lo stesso Salvini, quando sostiene che «lavoro benissimo con Di Maio».

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