Politica

Sondaggio fa tremare Renzi: M5S avanti di 10 punti sul Pd

Una rilevazione ipotizza che i grillini sarebbero al 54,5% a un eventuale ballottaggio. E il referendum premia il "No"

Sondaggio fa tremare Renzi: M5S avanti di 10 punti sul Pd

Roma - Matteo Renzi alla prova degli «stress test» dei sondaggi. La tendenza appare ormai consolidata e ribaltare il piano inclinato della perdita di consenso somiglia sempre più a una impresa impossibile, a meno di non svuotare le casse dello Stato con una mega-manovra in deficit. Di certo gli italiani appaiono sempre più orientati verso il «no» al referendum. L'ultimo indizio arriva dall'ultimo sondaggio di Scenari Politici-Winpoll per Huffington Post che conferma come i «no» alla consultazione sulla riforma costituzionale prevista per l'autunno siano ancora in vantaggio. Coloro che voteranno contro la riforma voluta dal governo, infatti, sono il 52,5%, mentre i favorevoli sono il 47,5%.

C'è un'altra rilevazione, però, in questo caso di Swg, a regalare notizie poco positive al premier e segretario Pd. È quella relativa a un eventuale ballottaggio tra il Pd e il Movimento 5 Stelle: il Movimento di Beppe Grillo, infatti, vincerebbe col 54,55 dei voti, mentre il Pd resterebbe fermo al 45,5%. Un margine davvero difficile da colmare. Spostandosi sui partiti il Partito Democratico è in leggero calo al 30,4%. Il Movimento 5 Stelle risale al 28,9%. Avanza Forza Italia che sorpassa nuovamente la Lega Nord. Il partito di Silvio Berlusconi sale al 13,7% mentre il Carroccio scende al 12,8%.

Nei Palazzi ci si chiede a questo punto quale strategia possa mettere in campo il premier per risalire la china. Qualcuno resta affezionato alla vecchia idea dello spacchettamento del referendum e azzarda una soluzione con cinque quesiti (con tre che sarebbe pressoché impossibile non votare), contando su un intervento della Corte di Cassazione. Questa soluzione appare più fantapolitica che altro. Più credibile, invece, che il premier possa approfittare dei probabili rilievi della Consulta sull'Italicum per riscrivere la legge elettorale e risolvere alcuni spinosi problemi con la sinistra Pd e con l'area centrista eletta con la lista «Pdl-Berlusconi presidente» che chiede modifiche e premio alla coalizione (invece che al primo partito). In termini di recupero di popolarità, occhi puntati sulla Legge di Stabilità che dovrebbe arrivare - strategicamente - prima del referendum e che con questo clima e questi sondaggi certo non si annuncia come una manovra lacrime e sangue, ma piuttosto come un provvedimento di spesa e di «bonus» graditi all'elettorato, anche se ovviamente bisognerà vedere cosa dirà l'Europa e quale moral suasion verrà esercitata dal Capo dello Stato, chiamato a controllare la copertura del provvedimento.

Sullo sfondo continuano le voci sulla successione a Renzi in caso di caduta referendaria, il Piano B da adottare dalle parti del Quirinale qualora il Ddl Boschi venisse affossato nelle urne. Il «generale agosto» non sembra aver placato le voci e disinnescato qualche movimento sotterraneo. Così torna a circolare il nome del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Una soluzione ponte facilitata dalla sua appartenenza a una corrente pesante come quella di «Areadem», che arruola diversi ex Ds diventati renziani.

Tra questi Piero Fassino, altro nome che qualcuno sottovoce inizia a pronunciare.

Commenti