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E a Milano occupata l'aula del Consiglio

Sono 500 gli impiegati che rischiano il posto, i precari bivaccano a Palazzo Isimbardi

E a Milano occupata l'aula del Consiglio

Milano - È già occupata ancor prima di nascere con tende, striscioni e sacchi a pelo la Città metropolitana di Milano, quella che dovrebbe essere la punta di diamante della nuova architettura delle istituzioni locali voluta dal governo Renzi e che invece secondo il sindaco Giuliano Pisapia è già «una Ferrari senza benzina». A incatenarsi per protesta i lavoratori che perderanno il posto di lavoro pronti a passare Natale e Capodanno dentro l'aula di Palazzo Isimbardi, quella che un tempo era la Provincia di Milano e che nessuno sa bene in che cosa si trasformerà. Perché se è una certezza l'addio ai loro uffici di presidente e assessori, è assolutamente indefinito il futuro di chi ci lavora. Gente che ancora non sa bene cosa fare il 2 gennaio: tornare nello stesso ufficio, cambiare stanza, competenze, tipo di lavoro. O addirittura rimanere a casa ad aspettare uno stipendio. Forse decurtato, forse no. Il solito caos all'italiana.

Due le categorie interessate, i precari e chi ha un contratto a tempo indeterminato. Per i primi la prospettiva è piuttosto nera: sono in sessantacinque e dal primo gennaio sembrano destinati a rimanere senza stipendio. Tanto che hanno promesso di bivaccare a oltranza nell'aula del Consiglio provinciale. A nulla, infatti, è servita la loro richiesta al governo di essere equiparati agli altri precari di Comuni e Regioni che con un decreto sono stati prorogati di due anni, fino al 2016. Ieri l'appello al prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca e la loro nuova speranza è legata al decreto Milleproroghe. Diverso, invece, il destino dei lavoratori di ruolo, per cui la legge di Stabilità prevede un 50 per cento di esuberi nelle Province normali e il 30 in quelle che come Milano si trasformeranno in Città metropolitane. Qui il numero di chi rischia il posto arriva a cinquecento, con l'ente che dal prossimo mese dovrà definire i criteri della mobilità obbligatoria, partendo dai prepensionamenti ed esodi volontari per poi passare ad altre categorie meno tutelate. In sostanza l'invito a trovarsi un altro posto prima dell'inevitabile licenziamento. In loro aiuto arriverebbe una norma per cui tutti gli enti pubblici non potranno più assumere con concorso esterno, ma saranno costretti ad attingere a queste liste di mobilità. Ancora in gioco la possibilità che il governo costringa le Regioni ad accollarsi tutti i dipendenti in esubero delle Province, quella che l'assessore all'Economia Massimo Garavaglia ha già definito una «bomba» da 130 milioni euro all'anno che rischia di mandare a «gambe all'aria» la Lombardia. E soprattutto le Regioni con bilanci più in bilico. «Così - fa le barricate il governatore Roberto Maroni - la Lombardia passerebbe per decreto governativo da 3mila a 6mila dipendenti. E non perché servano, ma perché ci vengono messi in carico con un costo insopportabile per le nostre casse». Una prospettiva contro la quale sono già pronte le barricate. «Se è così, dovremo prendere le adeguate contromisure. Spero che Renzi ci ripensi».

«Mi auguro - ha detto ieri il presidente della Provincia di Milano Guido Podestà al termine dell'ultima giunta - che con il decreto Milleproroghe il Parlamento faccia una riflessione su questi lavoratori che sono fondamentali anche per l'economia del territorio». Ricordando che dei sessanta precari con il contratto in scadenza, ventitrè lavorano nel rilascio delle autorizzazioni ambientali. «Un campo di alta formazione - ha spiegato Podestà - per cui hanno seguito dei corsi e per questo non sono facilmente sostituibili. Noi li avevamo contrattualizzati a tempo determinato perché la legge non ci permetteva di assumerli». Se i lavoratori non vedranno il loro contratto prolungato sono almeno 3.600, fanno sapere dalla Provincia, le autorizzazioni ambientali che rischiano di bloccarsi. Tra cui quelle richieste dalle imprese.

Con il rischio di bloccarle, in un periodo non certo facile per l'economia.

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