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Sospetti su De Benedetti Primo vertice in Procura

I pm indagano da mesi sulla plusvalenza da 600mila euro realizzata dalla holding Romed: "No comment". Anche la nota della società non smentisce il «Giornale»

Sospetti su De Benedetti Primo vertice in Procura

Sono mesi che la Procura di Roma sta indagando in silenzio sugli acquisti sospetti di titoli, da parte dalla Romed, una delle holding personali di Carlo De Benedetti. Operazioni di borsa su quattro banche popolari che hanno portato ad una plusvalenza finale di 600mila euro, proprio a ridosso del decreto del governo Renzi che trasformava dieci popolari in società per azioni. I magistrati romani sono abbottonatissimi. «Su questa inchiesta non possiamo dire nulla», ripetono ai giornalisti, anche il procuratore capo Giuseppe Pignatone tace. Ma confermano l'indagine di cui ha dato notizia il Giornale, un filone di quella aperta a fine gennaio quando una settimana prima del decreto le popolari erano volate in Borsa. De Benedetti precisa, ma né smentisce né minaccia querela. Intanto proprio ieri a piazzale Clodio gli avvocati della Consob hanno incontrato il pm Stefano Pesci, che si occupa dell'inchiesta ereditata dal procuratore aggiunto Nello Rossi, esperto di reati finanziari recentemente passato in Cassazione. Un vertice per fare il punto dell'indagine dopo che la stessa Consob si era attivata, undici mesi fa, per verificare eventuali abusi di informazioni privilegiate sul piano annunciato dal governo Renzi lo scorso 20 gennaio. Semplice fiuto o qualcuno conosceva in anteprima le intenzioni dell'esecutivo? La Consob ha chiesto alla Finanza di verificare questa seconda ipotesi e le indagini sono state affidate al Nucleo Valutario. Gli investigatori hanno ricostruito tutte le operazioni sospette della Romed e consegnato un rapporto in Procura. L'informativa conterrebbe anche le registrazioni tra gli operatori di Borsa nella sala operativa Romed e le società di intermediazione finanziaria, tra le telefonate anche quelle in cui l'Ingegnere sollecitava ad investire sulle popolari quando il decreto ancora non c'era. Un investimento tra i cinque e i sei milioni che alla fine ha prodotto una plusvalenza di circa 600mila euro. La Finanza ha acquisito i brogliacci delle telefonate di De Benedetti e richiesto una rogatoria internazionale per fare accertamenti anche sul suo cellulare svizzero, con l'obiettivo di ricostruire i contatti del periodo caldo in cui l'Ingegnere avrebbe chiesto ai suoi trader di comprare popolari, prima di lasciare la presidenza della Romed a inizio febbraio. Dimissioni sottolineate ieri in una smentita che non smentisce di un portavoce dell'Ingegnere: «Nessun abuso di informazione privilegiata c'è stato da parte della Romed, società di cui De Benedetti è azionista ma in cui non ricopre più alcun incarico, né tantomeno da parte sua». L'attività di trading della Romed dipenderebbe solo dalle capacità della società di comprendere le dinamiche del mercato. «In particolare per quanto riguarda le popolari - viene spiegato - le indiscrezioni relative a una possibile riforma erano di pubblico dominio già diverso tempo prima dell'approvazione del decreto». Proprio quello che sta cercando di accertare il pm, con la collaborazione della Consob, da cui tutto è partito.

L'Authority lo scorso marzo aveva ascoltato il titolare del fondo Algebris, Davide Serra, vicino a Palazzo Chigi, che aveva negato di aver fatto operazioni a ridosso del decreto.

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