Politica

La «sottomissione» di Scola: «Voglio una festa islamica»

Il vescovo di Milano: «Non togliere il Presepe, ma aprirsi alle esigenze dei bimbi musulmani»

Sabrina CottoneA Natale e non solo. «Non togliere il presepe ma casomai, se aumentano i bambini musulmani, prendere una loro festa e inserirla nella dimensione pubblica». A lanciare la proposta di fare feste islamiche nelle scuole, o lì dove si festeggia, a sorpresa è il cardinale Angelo Scola. Idea destinata a far discutere o almeno riflettere. L'occasione è in sintonia con il messaggio: «Comunicazione e misericordia» è l'appuntamento annuale dell'arcivescovo di Milano con i giornalisti, nel ricordo del loro patrono, san Francesco di Sales. Il cardinale parla dell'importanza dei simboli. Il presepe colpisce il cuore. È un tema sensibile e il solo parlarne scatena reazioni ancestrali, come dimostrano i casi di cronaca nati quando si avvicina il momento di festeggiare Gesù bambino. Scola chiede un «rapporto aperto, spalancato, misericordioso nel difficile equilibrio tra misericordia e giustizia», dove «l'elemento sicurezza va valutato bene». Il cardinale parla di moschee e libertà religiosa, della necessità di aprire ai musulmani senza trascurare le ragioni della «sicurezza» che si impongono. «Ovviamente tutto questo sul piano pratico rispettando delle condizioni oggettive. Qual è la comunità che domanda questo, perché la domanda, qual è il rapporto tra il sacrosanto diritto all'avere un luogo di culto, se c'è una libertà di religione, e il realismo di questa domanda. Che comunità ci sta dietro, che cosa ci vuol fare con questa moschea, come rispetta anche urbanisticamente una città che ha una storia cristiana».Siamo dentro il simbolo, luogo della comunicazione interpersonale. «Se una società rinuncia al simbolo - dice ancora il cardinale - o per scelte sbagliate o perché tra virgolette costretta dall'autoritarismo o per oggettive ragioni di sicurezza, perde qualcosa, perché perde forza comunicativa, perde interpersonalità. Allora, una società plurale deve essere sempre più inclusiva». No al modello francese, alla laicité che appare laicismo e non laicità e che risale, in epoca contemporanea, alla legge del 1905 sulla separazione tra Chiesa e Stato, citata dal cardinale, che nei fatti fu un attacco a libertà e proprietà del clero. La Francia, lo sappiamo, è il luogo in cui negli anni 2000 sono stati espulsi dalla vita pubblica, a partire dalle scuole, oggetti simbolici come il velo islamico, vietato a scolare e studentesse.L'arcivescovo di Milano propone un'altra strada, che può suonare quasi provocatoria, e cioè includere invece di vietare: «Criticare la laicità alla francese ti rende sempre bersaglio preferito, ma io continuo a criticare la società francese. Non si può pretendere che una società civile, plurale, si concepisca, parafrasando i filosofi, come una notte in cui tutte le vacche sono nere (una citazione di Hegel, ndr), non si vede più niente, come uno spazio di impossibile neutralità in cui tutto sparisce. Al contrario, deve essere più possibile inclusiva».

Anche con le feste musulmane.

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