Politica

Il sottosegretario: voglio spiegare ma anche i pm prendono tempo

Siri ha fretta di chiarire la sua posizione. La Procura però non ha ancora fissato le date degli interrogatori

T utto immobile, tutto fermo, tutto congelato - anche il grande freddo sul punto all'interno dell'esecutivo - in attesa del faccia a faccia con le toghe romane.

Il fronte giudiziario dell'inchiesta che vede il sottosegretario Armando Siri indagato per corruzione aspetta gli interrogatori dei protagonisti. Essenziali per una eventuale svolta del «sistema binario» tra lo stesso esponente del governo e l'imprenditore Paolo Arata. Il primo a presentarsi a piazzale Clodio per confrontarsi con i pm romani dovrebbe essere proprio il politico leghista, il cui avvocato Fabio Pinelli, due giorni fa, al termine di un colloquio con gli inquirenti titolari dell'inchiesta, Paolo Ielo e Mario Palazzi, aveva spiegato di aver «comunicato di persona ai magistrati che ci presenteremo spontaneamente in una data da concordarsi perché, come da subito detto, siamo e restiamo a disposizione dell'autorità giudiziaria».

Gli interrogatori, però, non sono ancora stati fissati. E dunque i magistrati non hanno ancora potuto chiedere conto né al sottosegretario in quota Lega né ad Arata dell'intercettazione a cui si faceva riferimento nel decreto di perquisizione, quella nella quale l'imprenditore genovese, parlando con il figlio Francesco, farebbe riferimento ai soldi erogati a favore di Siri per ottenerne, in cambio - questo il teorema dell'accusa, dal quale appunto deriva l'ipotesi di corruzione - favori e attività volte all'approvazione di norme per favorire il comparto del minieolico attraverso emendamenti e pressioni. Che, però, non sarebbero stati approvati - i primi - né andate a buon fine - le seconde.

C'è insomma da capire se l'ex parlamentare azzurro Arata confermerà quella frase secondo la quale Siri «ci» o «mi» sarebbe costato 30mila euro (ossia il prezzo per ottenere il suo impegno per tentare di promuovere certe norme, e dunque, secondo l'accusa, per «asservire» a interessi privato il suo incarico istituzionale) e verificare la fondatezza di quella che, finora, è considerata l'intercettazione-chiave dell'indagine, la pistola fumante della corruzione.

Di certo, fino agli interrogatori, la posizione di Siri è legata a doppio filo a quella di Arata, e sarà fondamentale il confronto tra le due versioni che verranno messe a verbale nell'incontro con i magistrati capitolini.

Come è noto, il sottosegretario Siri si è sempre detto innocente, potendo contare anche sull'appoggio del leader del suo partito, il ministro dell'interno (e vicepremier) Matteo Salvini. Ma l'incertezza sulla calendarizzazione del faccia a faccia tra indagati e magistrati è anche alla base della difficile posizione del sottosegretario, che tiene duro sulle sue posizioni, ma che è sempre più sulla graticola e politicamente sotto assedio.

Una situazione che Siri sperava appunto di sbloccare dicendosi pronto a incontrare gli inquirenti per chiarire tutto.

Ma la strategia scelta dall'indagato e dal suo legale, almeno fino a questo momento, non ha aiutato ad accelerare la crisi sull'altro fronte, quello tra le due componenti del governo - Carroccio e Cinque stelle - che si stanno affrontando sulla questione senza esclusione di colpi.

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