Referendum indipendenza in Catalogna

Spagna, battaglia navale. Schede nascoste in mare

Guardia Civil a caccia delle tessere per il voto che Puigdemont avrebbe messo su un peschereccio

Spagna, battaglia navale. Schede nascoste in mare

Barcellona - «Votem per ser llures», votiamo per essere liberi. Da martedì è il solo grido degli indignados. Vogliono essere orfani della Spagna intera e hanno (quasi) la convinzione di riuscirci, a due domeniche dal «D Day», anche se il loro sogno di una Catalogna «despagnolizzata» è messo a dura prova.

Contro la Spagna, contro la Costituzione e anche contro l'Europa, al quarto giorno di mobilitazioni, presidi e assedi al palazzo di Giustizia e ora anche all'Università di Barcellona, gli indipendentisti, dopo la presa in ostaggio di alcuni agenti della Guardia civil, fanno infuriare Madrid che ordina l'invio di altri agenti per chiudere la questione catalana. Bisogna scovare l'ultima fornitura di papeletas, le schede sopravvissute al sequestro degli ispettori di Madrid. Senza quelle non si potrà votare, e Puigdemont sarà costretto, all'ultimo minuto, ad affidarsi al poco affidabile voto via web, come i grillini.

C'è, forse, una nave fantasma, messa a disposizione da qualche pescatore catalano, magari battente bandiera straniera, che custodisce un bel carico, non di merluzzi, ma di schede. Un'ipotesi vagliata dalla Guardia, anche se è difficile individuare quest'anonimo peschereccio, confuso nell'affollato traffico marittimo nelle acque barcellonesi. «Da qualche parte dovranno sbarcare», dice con un sorriso impudente Javier, uno dei 200 camalli del porto commerciale. Lui tratta le navi dei rinforzi di Madrid come fossero appestate, rifiutandosi di dargli assistenza. «Che si affoghino...», e le schede? «Le butteranno a mare o abbandoneranno sulla spiaggia, come i clandestini».

La ricerca delle papeletas clandestinas è l'ultima bizzarria del braccio di ferro tra i disobbedienti catalani e l'esecutivo di Mariano Rajoy. Potrebbero essere in mare, come sotto il materasso dell'imponente Oriol Junqueras, il vice presidente incaricato (e indagato) per l'organizzazione del referendum. Ieri i magistrati gli hanno restituito altri tre collaboratori arrestati giovedì, ma per renderlo più invulnerabile all'indagine giudiziaria che pende su di lui, la Generalitat gli ha tolto dai piedi, licenziandoli, due funzionari prossimi a finire nelle mani degli inquirenti. Ieri pomeriggio, mentre il numero uno della Catalogna, Puigdemont, riuniva il suo gabinetto di guerra, infischiandosene delle concessioni avanzate da Rajoy e de Guindos, e delle dichiarazioni di Bruxelles a favore della linea di Madrid, l'Audencia nacional, il Tribunale Supremo, presentava una denuncia contro il Governo catalano «per il reato di sedizione che ha provocato le dure manifestazioni e i tumulti di Barcellona». Sommosse in cui una trentina di agenti della Guardia civil, mercoledì notte, sono rimasti fino all'alba in ostaggio dei manifestanti che hanno sbarrato ogni porta del dicastero catalano dell'Economia. Liberati dai Mossos, gli agenti sono usciti sotto un lancio di pietre e bottiglie, trovando i blindati con le ruote squarciate. In particolare il Supremo sta investigando i presunti capi delle violenze di piazza: il presidente dell'Assemblea Nazionale Catalana Jordi Sànchez e Jordi Cuixart. Il ministro degli Interni catalano Joaquim Forn ha parlato di un «intervento sotto copertura» di Madrid, operazione prevista da una legge del 1986 sulla sicurezza pubblica.

La Polizia nazionale potrà così assumere il controllo dei Mossos in tutta la Comunità autonoma di Catalogna.

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