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Spread a 327, il governo trema: "Stop a vendite allo scoperto"

Giorgetti propone misure contro la speculazione. Di Maio e Salvini minimizzano: le tensioni sui mercati caleranno

Spread a 327, il governo trema: "Stop a vendite allo scoperto"

Lo spread continua a spaventare. Ieri il differenziale tra il Btp a 10 anni e il suo omologo tedesco è salito a 327 punti dai 322 di lunedì scorso toccando nel corso della giornata un massimo a 335 punti. Sul mercato secondario il Buono poliennale rende il 3,61%, più del doppio di quanto rispetto allo scorso maggio prima che il governo giallo-verde prendesse il via.

«Ovviamente sono preoccupato» ha detto il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, mentre il vicepremier Luigi Di Maio si è detto fiducioso del fatto che «le tensioni scenderanno dopo che la commissione Ue avrà preso le sue decisioni». Identiche valutazioni da parte di Matteo Salvini. «Se tutti analizzeranno la manovra senza pregiudizi, lo spread non può che scendere, a meno che non ci sia qualcuno che giochi alla speculazione e questo come governo non lo permetteremo», ha affermato.

Le tensioni sui mercati finanziari (ieri l'indice Ftse Mib della Borsa di Milano ha toccato i minimi da dicembre 2016), tuttavia, cominciano a riverberarsi decisamente sui conti pubblici e, di riflesso, sulle tasche degli italiani. Il Tesoro prevede una maggiore spesa per interessi per il 2018 intorno agli 1,9 miliardi di euro, mentre l'anno prossimo l'esborso aggiuntivo dovrebbe attestarsi tra i 3,5 e i 4 miliardi. L'incremento è calcolato rispetto alle stime del Def di aprile quando lo spread veleggiava attorno ai 120 punti. «La situazione - ha commentato il direttore del debito pubblico del ministero dell'Economia, Davide Iacovoni - non è di per sé insostenibile se gradualmente si riesce a ritrovare stabilità sul mercato e quindi una minore volatilità». Facile a dirsi meno a farsi.

Basti pensare che la perdita di valore dei Btp si è già riverberata sui costi dei finanziamenti bancari. Il Bollettino mensile dell'Abi ha segnalato, infatti, che a ottobre sono saliti i tassi dei mutui (all'1,87% dall'1,80%) e dei prestiti alle imprese (1,60% dall'1,45% del mese precedente), questi ultimi ritornati ai prezzi del 2017. «È un segnale di cambiamento di rotta del mercato», ha commentato il direttore generale Abi, Gianfranco Torriero. Perché lo spread impatta sui prestiti se il tasso di riferimento dei finanziamenti è un altro (Euribor o Eurirs)? Perché le banche, a fronte di ogni impiego, devono acquisire una provvista di pari durata emettendo obbligazioni. Per queste ultime il benchmark è il Btp: la raccolta diventa più costosa e di conseguenza ance i mutui. Il deprezzamento dei Btp, infine, erode i patrimoni bancari.

Si tratta, quindi, di ritrovare quella «stabilità» sui mercati cui accennava Iacovoni. La decisione finale della Commissione Ue sulla manovra attesa oggi «non passerà inosservata e il mercato non è affatto immunizzato dai pericoli che ne potrebbero scaturire», ha commentato Vincent-Frédéric Mivelaz, analista di Swissquote, aggiungendo che «aver ripresentato la legge di Bilancio senza le modifiche richieste significa accettare implicitamente che i rendimenti dei titoli di Stato possano salire ulteriormente». Anche se nel lungo periodo è esclusa una replica della crisi greca, gli fa eco Andrea Carzana, gestore di Columbia Threadneedle Investments, «nel breve il rischio Italia c'è perché l'Ue potrebbe avere la tentazione di lasciare fare ai mercati». Ecco perché il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato che «bisognerebbe iniziare a vietare le vendite allo scoperto anche in Italia». Circostanza difficile vista la negoziazione ormai globalizzata dei Btp. Nel 2011 Silvio Berlusconi fu costretto al passo indietro nonostante fondamentali migliori.

Giorgetti sa bene che c'è bisogno di «stabilità» a ogni costo.

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