Politica

Lo stadio della Roma in mano ai genovesi: ha deciso il clan di Grillo

L'architetto e l'avvocato che hanno trovato la soluzione spediti in Campidoglio dal leader

Lo stadio della Roma in mano ai genovesi: ha deciso il clan di Grillo

«Mi, lè, ti». In genovese significa «io, lui e te» e così il cognome di Pietro Paolo Mileti diventa uno slogan perfetto. Per l'invasione dei «liguri» e dei «genovesi», dei Roma per loro, delle truppe «barbariche» spedite da Beppe Grillo per moralizzare la Capitale. Al Movimento gli slogan sono sempre piaciuti, ma Pietro Mileti piace meno. Non è il personaggio più noto della truppa, ma è uno dei tanti, dei «troppi» commissari indigesti per la base grillina romana. «Però risolvono i guai combinati in precedenza», replica il leader comico. Vero, Mileti è di Otranto, ma dopo aver lavorato a Pavia ha fatto il segretario generale del sindaco arancione di Genova, Marco, di cognome Doria. Però Mileti è fratello di Francesco, centrocampista del Genoa, un quarto di secolo fa. Il gioco è fatto, il nostro abbraccia tutto l'arco rossoblucerchiato, può considerarsi genovese a tutti gli effetti. A Palazzo Tursi, municipio genovese, puntualizzano tignosi: «Ma che c'entra? Mileti è servitore dello Stato, giunta leghista, di centrosinistra, grillino non cambia nulla, lavora benissimo». E come lui c'è Franco Giampaoletti, 56 anni, marchigiano, ma genovese d'adozione, nuovo direttore generale in Campidoglio, già city manager del Comune di Genova, coppia d'attacco della giunta Doria, ora in campo con Virginia Raggi. E a dicembre, per sostituire Paolo Muraro all'Ambiente era arrivata Punuccia Montanari, anche lei con un'esperienza di governo nel capoluogo ligure, con la sindaca dem Marta Vincenzi. Poi c'è l'ultimo arrivato, l'architetto della Provvidenza, l'imperiese Alessandro Sasso. L'incarico gli è stato affidato direttamente dal conterraneo Grillo: «Ale fammi il piacere, vai due giorni a Roma e cerca di trovare una soluzione a questo casino dello stadio, sono mesi che Berardi non ci capisce un belino. Poi se ti piace fermati e fai l'assessore all'Urbanistica». Sasso ha declinato subito l'invito: «Grazie, ma non me la sento». Magari ci ripenserà, ma tra i liguri l'attenzione al denaro non è marginale: un libero professionista guadagna di più. Intanto il commissario-architetto conferma: «Certo, mi ha chiamato Grillo». Pare abbia fatto un gran lavoro, capace di convincere anche gli irriducibili nemici del cemento e dei palazzinari. Sì allo stadio, niente più torri, cubature tagliate del 50 per cento e via libera al nuovo quartiere. Sasso ha stravinto. E con lui l'unico vero genovese doc della pattuglia spedita da Grillo per piegare i romani: Luca Lanzalone, 47 anni, studio (anche) in uno strepitoso palazzo del centro storico di Genova è ormai l'ombra di Virginia Raggi. Non ha mai nascosto la sua fede socialista, da quando «non ancora laureato» lavorava con Rinaldo Magnani, padrone assoluto del Porto di Genova e big ligure del Psi. Chiamato per riordinare le partecipate, Lanzalone ha condotto in porto l'affare stadio. L'avvocato ha conosciuto la galassia grillina lavorando per Filippo Nogarin, sindaco di Livorno. Che ne ha parlato con Virginia Raggi e così il genovese è sbarcato pure a Roma. Grillino? Mano armata di Davide Casaleggio? «Li ho conosciuti la settimana scorsa in Campidoglio, quando sono venuti a informarsi sullo stadio. Grillo lo avevo visto un'altra volta, a teatro. Solo che noi genovesi siamo riservati, non gli chiesi neppure l'autografo». La storia sembra vera e a Genova, quel che resta dei grillini conferma: «Forse Grillo comanderà a Roma, ma qui non lo sopporta nessuno».

Né «mi», né «le» e né «ti».

Commenti