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Gli statali fanno bingo: per i loro stipendi già pronti 2,5 miliardi

La cifra indicata dal governo supera le aspettative dei sindacati

Gli statali fanno bingo: per i loro stipendi già pronti 2,5 miliardi

Forti della sentenza della Corte costituzionale che li mette al sicuro da un veto europeo, gli Statali si apprestano a diventare i veri vincitori di una sessione di bilancio che in teoria dovrebbe mettere le poche risorse a disposizione su produttività e investimenti. Il rinnovo del contratto, fermo dal 2010, è l'unico punto fermo della manovra. I 300 milioni messi dalla legge di Stabilità non sono sufficienti. L'integrazione che il governo metterà sul tavolo del contratto, non saranno i 7 miliardi sui tre anni chiesti dai sindacati, ma «una via di mezzo» tra le due misure, ha confermato il viceministro all'Economia Enrico Morando.
Il minimo indispensabile per recuperare l'inflazione, che è già tanto visto il periodo di magra per tutti i lavoratori dipendenti, si penserebbe. E invece no. Da un paio di giorni circola una cifra, 2,5 miliardi di euro, che è superiore anche alle attese dei sindacati, che per mestiere fanno le trattative e quindi all'inizio sparano sempre cifre alte.
Per recuperare il potere d'acquisto di questi anni caratterizzati da inflazione bassissima ne basterebbe la metà. Circa 1,2 miliardi. L'inflazione del 2015 e del 2016 è stata molto bassa e l'indice sulla base del quale si calcolano gli aumenti, l'Ipca, è stato rispettivamente di 0,7 e 0,5 per cento. Per il 2017 la previsione è di una crescita dell'1%. In totale 2,2% di recupero, che porteranno nelle buste paga dei lavoratori pubblici pochi euro al mese e con un costo totale che recentemente il Sole 24 Ore ha calcolato, appunto, in poco più di un miliardo. Se la cifra stanziata raddoppierà veramente significa che il governo intende dare un po' più di peso agli aumenti. Impossibile limitare la platea. Un rinnovo contrattuale non può essere sostituito da una misura come gli 80 euro in busta paga di Renzi. Qualcuno a Palazzo Chigi ci aveva pensato, ma la sentenza della Consulta esclude soluzioni creative. I contratti dovranno essere rinnovati e la base economica per farlo la dovrà dare la legge di Stabilità.
Che il governo sia in vena di compromessi sul pubblico impiego è cosa nota. Anche sul fronte dei dirigenti, la riforma meritrocratica del ministro Marianna Madia che arriverà giovedì al consiglio dei ministri, sarà fatta salvando alcuni manager pubblici. Oltre ai magistrati e i professori universitari, anche altri, come i dirigenti con più anzianità di servizio, dovrebbero essere esclusi dalla stretta decisa dal governo. Una clausola di salvaguardia per evitare la riforma che introduce il ruolo unico e gli incarichi a tempo, al massimo quattro anni, poi tagli dello stipendio e licenziamento per quei dirigenti che dovessero rimanere «disoccupati» per troppo tempo. Nelle bozze, i dirigenti generali di prima fascia con più anni di servizio alle spalle, avranno la precedenza nel rinnovo degli incarichi. Forse per compensare il regalo, nella riforma è spuntato anche un meccanismo per misurare le performance de i dirigenti.

Parte delle retribuzioni dei manager pubblici dovrebbe già essere attribuite sulla base della valutazione.

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