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Gli stipendi infuocano l'aula Imbarazzo nei banchi del Pd

Grillo vola a Roma e lancia anatemi:"Oggi sarà gazzarra". Di Maio: risparmieremo 80 milioni, Renzi venga in aula

Gli stipendi infuocano l'aula Imbarazzo nei banchi del Pd

Roma - L'avvio è tiepido: aula semideserta, ping pong continuo di accuse tra i banchi Pd e quelli grillini, interventini-spot a raffica dei deputati cinquestelle mentre il vate Beppe, dal blog, lancia anatemi e convoca le masse fuori Montecitorio (per ora non si vede nessuno, però).

Ieri pomeriggio si è pigramente aperto il dibattito generale, alla Camera dei deputati, sulla famosa leggina proposta da M5s per - dicono - «dimezzare gli stipendi dei parlamentari». Una mossa studiata ad hoc dai grillini per prendere due piccioni con una fava: far dimenticare ai loro elettori le recenti figuracce del Movimento (comprese quelle per l'appunto sui soldi, con le sanguinose polemiche interne sui mega-rimborsi di Luigi Di Maio, che in tre anni ha speso ben 277mila euro, stipendio a parte), e mettere in difficoltà il Pd, che si è fatto cogliere impreparato dalla manovra, e Matteo Renzi, in piena campagna elettorale per il referendum sulla riforma istituzionale. Una riforma che, è uno degli argomenti di propaganda più utilizzati dal fronte del «Sì» e dallo stesso premier, «taglia i costi e i posti» della politica.

La coincidenza è stata definita «sospetta» da Emanuele Fiano, intervenuto in aula per il Pd: «Una volta ridotti i parlamentari da 945 a 730 - ha detto - discutiamo pure delle indennità. Ma facciamo una discussione seria e approfondita». Replica Di Maio: «Questa legge fa risparmiare circa 80 milioni di euro. Renzi venga in aula», tuona Di Maio.

La giornata di ieri è stata solo l'antipasto: chiusa la discussione generale, tra stasera e (più probabilmente) domani si arriverà al voto. La maggioranza chiederà che il provvedimento, che non è stato esaminato in commissione, torni in quella sede per essere vagliato insieme alle altre quattro proposte di legge di diversi partiti (incluso il Pd) sullo stesso argomento. E il Movimento Cinque Stelle si prepara alla sceneggiata in aula, per mettere alla gogna il Pd. Beppe Grillo è appositamente calato nella Capitale, e si prefigge di riempire le tribune ospiti di Montecitorio di attivisti del suo partito pronti a fare gazzarra scatenando un tifo da stadio in favore di telecamere, in appoggio alle truppe d'aula. Una kermesse funzionale alla campagna referendaria. Il Pd controbatte accusando i Cinque Stelle di pura demagogia: «C'è un solo modo per tagliare i costi della politica: si chiama fare le riforme, solo che non piace a chi chiede semplici operazioni di maquillage», denuncia la vicepresidente del gruppo Pd Alessia Morani. Che spiega che la riforma sottoposta a referendum «taglia in maniera definitiva 315 poltrone, abbassa gli stipendi ai consiglieri regionali, cancella il finanziamento ai gruppi regionali, elimina il Cnel e le province, supera il contenzioso tra Stato e Regioni. Con la riforma si risparmiano 500 milioni all'anno».

C'è solo un gruppo politico, conclude, che «guadagna elettoralmente se tutto rimane uguale: si chiama M5S». Alla proposta grillina è contrario anche il centrodestra, che ieri con il capogruppo azzurro Renato Brunetta ha lanciato la sua controproposta: «Rompendo il tabù dell'uguaglianza della retribuzione dei parlamentari, proponiamo di calcolare l'indennità da corrispondere a deputati e senatori sulla base del reddito percepito prima dell'elezione».

Una proposta che risulterebbe devastante proprio per i parlamentari grillini, che nella media - prima di approdare a Camera e Senato grazie al Porcellum - non vantavano carriere professionali di qualche rilievo: basti pensare ai redditi zero dichiarati anche da massimi dirigenti del partito, come Luigi Di Maio o Roberto Fico, fino al giorno prima dell'elezione.

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