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"Stop a pellicole, registi e attori israeliani". E il Libano vieta l'ultimo film di Spielberg

Bandito «The Post». I precedenti di «Wonder Woman» e del cineasta Doueiri

"Stop a pellicole, registi e attori israeliani". E il Libano vieta l'ultimo film di Spielberg

Mentre si avvicina il Giorno della Memoria l'antisemitismo impazza come unico segno di unità e di coerenza storica del mondo islamico, ma ci si può sempre contare anche in Europa. L'ultimo episodio è una rottura di tutti i codici di civiltà: il boicottaggio del film adesso su tutti gli schermi del mondo, protagonisti Tom Hanks e Meryl Streep: il comitato di censura del Libano l'ha escluso per il boicottaggio di Israele che vige nei Paesi della Lega Araba dai tempi di Adamo ed Eva. La ragione è l'odio istituzionale verso l'ebreo più integralmente hollywoodiano che si possa immaginare, Steven Spielberg. A suo tempo fu messo in lista (non si può dire esplicitamente «perché è ebreo») perché osò girare parte delle scene di «Schindler's list» in Israele. I tempi sono duri, Trump non è cortese come Obama, gli Hezbollah sono ovunque, l'Iran si fa sentire parecchio. E così anche «Wonder Woman» è stato escluso perché Gal Gadot, l'attrice protagonista, è israeliana. Anche l'Algeria, la Tunisia, i Palestinesi non vogliono vedere quel film, e neppure la Giordania che pure ha un trattato di pace con il Paese degli Ebrei. E perfino il regista franco-libanese Ziad Doueiri è stato arrestato per qualche ora al ritorno dalla mostra di Venezia, dove aveva presentato il bellissimo L'Insulto, per collaborazionismo con Israele dove aveva girato alcune scene di un precedente film. Stupiti? Allora negli ultimi anni siete stati distratti. Gli esempi sono centinaia. Il Kuwait non ammette passeggeri israeliani sulle sue linee aeree. Un volo da Berlino a Bangkok con scalo a Kuwait City ha rifiutato di far salire degli studenti israeliani. E una corte tedesca presso cui i giovani avevano citato in giudizio Kuwait Airways ha dato ragione a quest'ultima.

Il boicottaggio di Israele e degli ebrei è ormai accettato da quasi tutte le organizzazioni sportive, artistiche, culturali. Al Mondiale under 23 di novembre un lottatore iraniano, Ali Reza Karimimachiani, si è detto «costretto a perdere per non battermi con un israeliano»; alle Olimpiadi il judoka egiziano Islam El Shehabi ha rifiutato di dare la mano all'israeliano Or Sasson che lo aveva battuto e la squadra di vela libanese ha rifiutato di salire sullo stesso autobus degli atleti israeliani; nel 2015 al torneo di Montpellier un tennista tunisino, Malek Jaziri, si è ritirato per evitare l'incontro con un israeliano.

Poi: nel 2016 una cassiera in una banca di Berlino ha negato a un israeliano l'apertura di un conto; a Chicago la manifestazione gay del 2 luglio, così politically correct, ha escluso gli Lgbt israeliani. Anche i big ebrei contribuiscono: Dustin Hoffman e Meg Ryan nel 2010 evitarono il festival del cinema israeliano, nel 2009 lo fece Ken Loach, un mese fa la cantante neozelandese Lorde (sembra sia una star) ha cancellato un concerto in Israele per le insistenze del capo-boicottatore Roger Waters dei Pink Floyd.

Adesso, boicottate i computer, che hanno componenti israeliane fondamentali (chip Pentium e Celron, sistema operativo Microsoft), i cellulari, gli sms, invenzione israeliana; niente facebook, niente tv on demand né e-books né auto elettriche nel futuro. Fra i medicinali, i più innovativi contro Alzheimer e cancro, contro Aids, sclerosi multipla, Parkinson. Boicottate i dispenser di insulina, i medicinali generici. E gli aiuti sanitari in Africa, quelli idrologici e di sicurezza. I sopravvissuti salvati dai disastri, i profughi siriani, gli europei e gli asiatici salvati eroicamente da incendi e terremoti ci rinuncino.

Israele porta il contagio ebraico per cui i nuotatori iraniani al mondiale di Shanghai del 2011 non toccarono l'acqua della vasca.

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