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Garcia, il segugio ingaggiato per fare autogol

Il suo rapporto ha inguaiato la Fifa che l'aveva commissionato. Per poi insabbiarlo. Storia del dossier più ricercato del mondo. E dell'intrigo Usa-Russia

Michael Garcia, ex procuratore distrettuale di New York
Michael Garcia, ex procuratore distrettuale di New York

Di una cosa bisognerà dare atto a Sepp Blatter: i segreti della sua Fifa si sono dimostrati più inattaccabili di quelli del Pentagono. Da mesi mezzo mondo dà la caccia alle 430 pagine del «Garcia report», il documento da cui è partita l'inchiesta che ha portato al clamoroso blitz di Zurigo. Fino a ieri, il dossier che contiene l'inchiesta interna affidata dalla stessa Fifa dall'ex procuratore del distretto sud di New York sembrava destinato a restare una lettura per pochi occhi e quindi un nuovo moloch del complottismo planetario, un bel misterone da piazzare tra il Codice da Vinci e i video sull'Area 51. Il misterioso appassionava pure il forum di Wikileaks, il sito di delazione che è riuscito a bucare i segreti della diplomazia americana ma che non ha mai messo le mani sull'atto d'accusa contro i vertici del pallone. Paradossalmente, dopo gli arresti di ieri il dossier rischia di perdere parte del suo fascino: non sarebbe la prima volta che i libri del mistero si rivelano meno dirompenti una volta svelati di quanto lo fossero da censurati. Resterà però senza risposta un'altra domanda, non meno inquietante: possibile che la corrotta Fifa si sia rivolta a un rompiscatole come Michael J. Garcia per indagare su se stessa? Per di più uno che si inorgogliva dichiarando che «prima di questo incarico non avevo mai visto una partita di calcio che non fosse under 12, la categoria in cui gioca mio figlio». Garcia ha tutte le carte in regola per diventare un eroe di Travaglisti e Savianologi, basterà censurare il dettaglio che la sua nomina a procuratore di New York fu benedetta dall'amministrazione Bush. Per il resto ci sono tutti i crismi: Garcia ha indagato sul «mercante di morte» Viktor Bout, il re dei trafficanti d'armi, ed è sulla blacklist dei 18 funzionari americani che non possono entrare in suolo russo, dopo la disputa tra Mosca e Washington per il «Magnitsky act», la legge obamiana di ritorsione contro i beni di pezzi grossi di Mosca: un dettaglio da tenere a mente.

Nel 2012, quando la Fifa lo incarica di condurre un'inchiesta che faccia chiarezza sulle accuse di inciucio mundial nella scelta di affidare a Qatar e Russia i prossimi campionati, Garcia volle spazzar via le critiche di chi diceva che un investigatore pagato dalla Fifa non sarebbe mai stato indipendente: «Ho l'autorità di investigare su qualunque funzionario, dal più alto al più basso: nessuno è al di sopra del codice etico», disse. E per dimostrarlo si presentò senza farsi annunciare ai commissari che avevano votato l'assegnazione delle sedi per il massimo torneo del calcio mondiale, suscitando qualche dubbio anche tra alcuni dei pezzi grossi che avevano votato a favore del suo incarico. Dopo due anni di indagini, a settembre 2014, consegnò il rapporto. E due mesi dopo la Fifa finì di stringersi il cappio al collo: il comitato etico presieduto da Hans-Joachim Eckert bollò il documento come non pubblicabile in base alle regole di privacy e legali della Fifa. Ne distribuì un sunto di 42 pagine, il quale concludeva che il rapporto Garcia non evidenziava violazioni sostanziali al codice etico. L'ex procuratore non la prese bene e presentò ricorso, chiedendo la pubblicazione integrale e definendo «erronee» le conclusioni di Eckert. Poco dopo il ricorso fu respinto e Garcia tenne fede a quanto aveva detto: «Se pensassi di non poter essere efficace me ne andrei». Dimissioni annunciate con l'aggiunta di un poco velato e molto velenoso colpo di sferza a Blatter: «La Fifa non è riformabile» per «carenza di leadership». Ma allora chi era stato tanto autolesionista da incaricare proprio Garcia per indagare su se stessi? Michel Platinì, rivale di Blatter commentò così le sue dimissioni: «Un'altra sconfitta per la Fifa». I complottisti possono trovare nuova linfa ricordando un altro dettaglio: il Paese a cui è bruciata di più la scelta di Russia e Qatar è l'America, che era in gara come paese ospitante dei Mondiali, tanto che Obama sbottò: «Decisione sbagliata».

E chissà se i segugi dell'Fbi si sono ricordati dell'ira della Casa Bianca quando Garcia ha consegnato loro il dossier più ricercato al mondo.

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