Politica

Strage alla festa del college: 12 morti

Il killer apre il fuoco tra gli studenti: poi il suicidio. Tra le vittime il vice sceriffo eroe

Manuela Gatti

Mercoledì sera, al Borderline di Thousand Oaks, una sessantina di chilometri da Los Angeles, si ascoltava e si ballava musica country. Il pub è tutto a tema western, e quella country è una delle serate di punta del locale. Tanto che alla festa erano ammessi tutti i maggiori di 18 anni, e non di 21 come al solito. Si ballava, dunque. In pista c'erano soprattutto studenti: era una college night, frequentata da circa 200 ragazzi, parecchi iscritti alle vicine California Lutheran University e Pepperdine University. Nessuno ha notato che Ian David Long, 28 anni, ex Marine affetto da disturbi da stress post-traumatico, stava entrando al Borderline con una semiautomatica Glock calibro 45 in mano. Una trentina i colpi esplosi sulla folla. Il bilancio è di 13 morti, compreso il killer. Una dozzina i feriti, non gravi.

Long, trench nero e cappuccio, appena arrivato al Borderline ha sparato al buttafuori e, una volta entrato, alla ragazza che stava dietro il bancone. «Frequentavo quel pub tutte le settimane, vedevo sempre quella ragazza - ha raccontato all'emittente Cbs Holden Harrah, uno dei sopravvissuti -. Io ero dall'altra parte del locale. Ho visto l'attentatore entrare e spararle». Poi l'ex soldato ha lanciato alcuni fumogeni nel locale. Kayla Simmons era lì con un'amica: «Sparava a ogni cosa, ma non capivamo dove fosse. C'era fumo - ha spiegato alla Cnn -. Ci siamo buttate giù e abbiamo cercato di uscire il più in fretta possibile». Quando Long ha iniziato a esplodere colpi, i presenti hanno cercato di mettersi in salvo riparandosi sotto i tavoli o fuggendo sul tetto dell'edificio. Chi ce l'ha fatta spera che, tra le vittime di cui non sono ancora state diffuse le identità, non ci siano i propri cari. Anche Jason Coffman sta attendendo notizie del figlio Cody, 22 anni: mercoledì sera si trovava al locale, e il suo cellulare risulta essere ancora lì dentro. «Mi ha salutato e mi ha detto che sarebbe andato lì: è l'ultima volta che ci ho parlato», ha detto alla Cnn.

La prima chiamata alla polizia è arrivata alle 23.20, le 8.20 italiane. Il più veloce ad arrivare sul posto è stato il sergente Ron Helus, vice sceriffo della contea di Ventura, 29 anni di servizio. Sarebbe dovuto andare in pensione l'anno prossimo. Non ha fatto in tempo a entrare nel bar che era già crivellato di colpi. Un collega l'ha tolto dalla linea del fuoco, ma per lui non c'è stato niente da fare: è morto in ospedale. Negli Usa lo chiamano già eroe. Prima di affrontare Long, Helus ha telefonato alla moglie, a casa con il figlio di 2 anni. Quando i riforzi sono entrati nel pub - «Una scena terribile, c'era sangue ovunque», ha raccontato il sergente Geoff Dean - il killer era già morto suicida.

I motivi della strage sono ancora da definire. Di certo si sa che il 28enne era noto alle forze dell'ordine per episodi minori, tra cui un incidente stradale e un pestaggio nel 2015 nello stesso locale della sparatoria. Ad aprile, poi, la polizia si era recata a casa sua per disturbo della quiete e aveva riferito che il ragazzo «agiva in modo irrazionale». Era lui stesso a sostenere di soffrire di stress post-traumatico dopo gli anni di servizio nella marina come mitragliere, tra il 2008 e il 2013, di cui 8 mesi in Afghanistan. Al New York Post il suo ex coinquilino Blake Winnett l'ha definito come una persona strana e sola, cattiva ma non violenta. La Glock era regolarmente detenuta, ma il caricatore era stato allungato.

Il sergente Eric Buchow ha detto alla Cbs che «questo tipo di cose a Thousand Oaks non succedono». Nessuno, nella tranquilla e ricca comunità californiana, si aspettava una tragedia del genere. La città, 130mila abitanti, è finita spesso nelle classifiche dei luoghi migliori in cui vivere negli Stati Uniti.

Nel 2013 l'Fbi l'aveva eletta come quarta città più sicura degli Usa tra i centri con più di 100mila residenti.

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