Cronache

Strangolò e diede fuoco alla sua fidanzata Sara: pena ridotta a 30 anni

Paduano era stato condannato all'ergastolo La mamma della vittima: «Non si è pentito»

Strangolò e diede fuoco alla sua fidanzata Sara:  pena ridotta a 30 anni

«Non posso meritare la pace. Mi vergogno di quello che ho fatto. Non riuscirò mai a perdonarmi di aver tolto a Sara la possibilità di diventare grande».

Vincenzo Paduano, l'ex guardia giurata accusata di aver tramortito, strangolato e poi dato alle fiamme il 29 maggio del 2016 in via della Magliana la sua ex fidanzata Sara Di Pietrantonio, scandisce le parole tra le lacrime.

E, come è vero che «il pianto paga», l'assassino che ha commesso l'omicidio con un'efferatezza incredibile ha ottenuto un sostanzioso sconto di pena. La prima Corte d'assise d'appello di Roma ha inflitto trenta anni di reclusione al vigilante ventottenne, che in primo grado fu condannato all'ergastolo, con rito abbreviato. L'accusa chiedeva la conferma della pena per omicidio premeditato aggravato, sostenendo che l'imputato era stato spinto a uccidere non dalla gelosia, ma dalla perdita di possesso. Ma in appello il reato di minacce è stato «assorbito» da quelli più gravi, mantenendo però inalterate le aggravanti della premeditazione, dei futili motivi e della minorata difesa.

Sara e Paduano erano stati insieme per un paio di anni, allontanandosi e riavvicinandosi a più riprese, fino a tre settimane prima dell'omicidio, quando lei lo aveva lasciato definitivamente, stanca di quel rapporto malato, fatto di pressioni psicologiche e folle gelosia da parte di lui. Il pomeriggio del 28 maggio 2016 i due si erano visti a casa di Sara, dove lei gli aveva ripetuto che la loro relazione era finita. Poche ore dopo, sabato notte, il ventottenne di nascosto aveva lasciato il posto di lavoro all'Eur, mentre era di turno, ed era andato sotto casa del giovane che Sara da poco aveva iniziato a frequentare. Aveva quindi aspettato che lei lo riaccompagnasse a casa in macchina, per pedinarla con l'auto. L'aveva seguita fin quasi sotto casa e qui l'aveva affiancata e speronata, costringendola a fermarsi. Alcuni passanti hanno raccontato ore dopo agli investigatori di aver visto i due ex discutere animatamente. Alle 5 del mattino, dopo una segnalazione per un'auto in fiamme, i vigili del fuoco intervenuti sul posto hanno trovato a duecento metri dai resti del veicolo bruciato, il corpo semicarbonizzato di Sara.

«Vorrei poter dare spiegazioni ma non ho ricordi di quella notte - ha detto Paduano, rilasciando in aula dichiarazioni spontanee e spiegando di aver preso consapevolezza del suo gesto solo in carcere - non mi riconosco nel mostro che è stato capace di tanta violenza e di tanto male. Sono certo però che è mia responsabilità».

La famiglia della vittima ha ascoltato pietrificata dal dolore, ma soddisfatta alla fine della sentenza. «Non c'è grossa differenza tra 30 anni e l'ergastolo - ha dichiarato Concetta Raccuia, la mamma di Sara -. Provo solo sdegno. Dopo due anni di prigione Paduano vuole farci vedere il bravo ragazzo che chiede scusa ma io non gli credo, lui è un manipolatore e io non cadrò nella trappola in cui è caduta mia figlia. Ha pianto per sé stesso direi...

perché è una pena molto dura».

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