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Strangolò la fidanzata 19enne Invece del killer paga lo Stato

Un giudice ha stabilito che il risarcimento (100 mila euro) alla famiglia della vittima compete al ministero della Giustizia e non all'assassino perché questi è «nullatenente»

È trascorso un quarto di secolo da quando Letizia Marcantonio, 73 anni, ha perso la figlia Rossana, strangolata a Fiorenzuola (Piacenza) dal suo fidanzato, Alex Maggiolini. Venticinque lunghissimi anni durante i quali la signora Marcantonio ha atteso un risarcimento che non le avrebbe certo mai potuto restituire la figlia 19enne, ma che le avrebbe garantito almeno una vecchiaia serena. Solo ora un giudice le ha riconosciuto un rimborso pari a 100 mila euro. Una «rifusione» (questo il termine tecnico-giuridico) che però - incredibilmente - non spetta al responsabile dell'omicidio, bensì allo Stato. L'autore del delitto è riuscito infatti a dimostrare di essere «nullatenente», uno status da «reddito zero» che lascia non poche perplessità. Ne è convinta la signora Marcantonio, madre di Rossana: «Macché nullatenente, la sua è una famiglia benestante. L'assassino di mia figlia, dopo appena 12 anni di carcere, è uscito dal carcere. Può realizzare ancora i suoi sogni, mentre quelli di mia figlia sono stati spezzati per sempre».

Sullo sfondo il dramma della 19enne Rossana Jade Wade, una ragazza per bene, buona e altruista, che lavorava in un centro anziani di Chiavarelle della Colomba. Era un impiego temporaneo, il suo obiettivo era sostenere il concorso per entrare in polizia. Il fidanzato aveva un anno più di lei. Lui aveva detto alla ragazza ed anche alla madre che sarebbe partito per gli Stati Uniti. E invece la sera del 2 marzo 1991, invece di imbarcarsi come annunciato, attese Rossana fuori dal posto di lavoro. La portò a cena a Salsomaggiore. Una trappola, in realtà. La giovane viene strangolata e il cadavere ritrovato in un casello ferroviario abbandonato del piacentino. Il giovane fu arrestato, processato, condannato.

Ai familiari della ragazza sarebbero spettati 600 mila euro di risarcimento, ma l'assassino ha sempre fatto di tutto per non pagare. «Ma qui ricorda la mamma di Rossana - siamo di fronte ad una persona a cui sono stati scontati degli anni di carcere perché all'epoca dei fatti era molto giovane. Lui in galera si è laureato, dopo il carcere si è sposato, ha comprato casa a Piacenza, si è fatto una famiglia, ha lavorato per il padre e si è pienamente realizzato. Il risarcimento deve pagarlo lui, non lo Stato».

Di tutt'altro parere la terza sezione civile del Tribunale di Bologna che ha invece condannato il ministero della Giustizia e la Presidenza del consiglio a risarcire con centomila euro Letizia Marcantonio. Per l'omicidio il fidanzato, Alex Maggiolini, fu condannato a 15 anni e 8 mesi con sentenza definitiva dal 1995. La sentenza penale prevedeva anche il risarcimento alle parti civili, ma la madre non ha mai ottenuto il ristoro dei danni, dal momento che il condannato è - teoricamente - «nullatenente». Solo oggi la donna ha ottenuto il riconoscimento di un indennizzo dopo aver presentato causa, assistita dall'avvocato Claudio Defilippi.

In particolare il giudice Alessandra Arceri ha condannato ministero e presidenza per l'inadempimento dell'Italia in relazione ad una direttiva europea che, nel 2004, ha previsto che gli Stati membri «indennizzino le vittime in caso di reati violenti dolosi quando non sia possibile conseguirlo dal reo». Una direttiva rispetto alla quale l'Italia sembra essere inadempiente. Nel tempo lo Stato ha infatti emesso provvedimenti legislativi a tutela delle vittime di reati di terrorismo, strage e stampo mafioso, ma non per le vittime di reati violenti come aveva disposto la comunità europea.

Risultato: per l'omicidio di Rossana paga lo Stato, invece del «legittimo» assassino.

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