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Stretta europea sulle frodi Iva: "La prescrizione va eliminata"

Per l'avvocatura Ue il reato non può estinguersi dopo «soli» 10 anni. A ogni atto del processo si riparte da zero

Stretta europea sulle frodi Iva: "La prescrizione va eliminata"

Dopo essere approdato alla Corte Costituzionale, il «caso Taricco» torna all'esame della Corte di Giustizia Ue, in una battaglia giuridica fra Europa e Italia che rischia di mettere in discussione le nostre leggi sulla prescrizione dei reati fiscali.

Partiamo dal parere espresso ieri dall'avvocato generale della Corte Ue, Yves Bot, secondo il quale le norme dell'Italia sulla prescrizione dei reati di frode all'Iva - imposta che va in parte a finanziare la Comunità Europea - vanno modificate perché «quando il procedimento penale viene iniziato, il reo non deve più poter contare sulla prescrizione iniziale che si è ormai interrotta». Secondo l'avvocato generale i giudici nazionali dovrebbero far ripartire la prescrizione da zero dopo ogni interruzione.

L'8 dicembre 2015 la Corte di giustizia dell'Ue aveva stabilito che nei casi di gravi frodi all'Iva non può valere la disciplina della prescrizione prevista dalla legge italiana, dato che la stessa rischia di lasciare impunito il reato e di «danneggiare gli interessi finanziari della Ue». I giudici europei si erano attivati su richiesta del Tribunale di Cuneo per un processo relativo a una frode carosello Iva. Il caso Taricco, appunto, dal nome di uno degli imputati. Il 20 gennaio 2016 nell'ambito di un altro procedimento si è espressa la Cassazione e, facendo propri i principi stabiliti dalla Corte Ue, aveva detto no alla prescrizione breve. Ma la sentenza Taricco ha continuato a far discutere ed è stata rimessa in questione da alcuni giudici di Milano: per loro la soluzione della Corte di giustizia era di dubbia compatibilità «con il principio di legalità in materia penale sancito dalla nostra Costituzione». A quel punto è intervenuta la Corte Costituzionale, che però ha chiamato di nuovo in causa la Corte di Giustizia, alla quale i nostri giudici hanno rappresentato il vulnus rispetto a principi supremi dell'ordinamento costituzionale italiano. E arriviamo a oggi. Per l'avvocato generale, il cui giudizio non è vincolante ma può orientare la Corte Ue, deve prevalere sul diritto italiano «un concetto uniforme di interruzione della prescrizione».

Il parere dell'avvocatura, se verrà confermato dalla Corte, «rischia di incidere in maniera pesante sugli equilibri fra gli ordinamenti comunitari e quelli dei singoli stati, aprendo un conflitto dagli esiti imprevedibili», commenta al Giornale, Dario Stevanato, professore di diritto tributario all'Università di Trieste e avvocato cassazionista. «La palla passa ora alla Corte Costituzionale che può far scattare i cosiddetti controlimiti alle eventuali imposizioni comunitarie perché in gioco c'è il rispetto dell'articolo 25 della Costituzione, per cui nessuno può essere punito retroattivamente in forza di una legge entrata in vigore dopo il fatto commesso. I termini di prescrizione devono essere definiti a priori dal legislatore, non stabiliti o disapplicati caso per caso dai giudici. Un processo per reati tributari potrebbe durare decenni, con buona pace del principio di ragionevole durata e di parità di trattamento rispetto ad imputati di altri reati, magari più gravi».

Secondo Stefano Loconte, managing partner dello Studio Loconte&Partners, «la previsione di un concetto uniforme di interruzione della prescrizione che prevalga sullo stesso principio di legalità nazionale lascia presagire una scarsa propensione europea ad ampliare il novero di garanzie delle libertà individuali previste dall'ordinamento comunitario.

La negazione della natura sostanziale della prescrizione - aggiunge Loconte - rischia di privare ingiustificatamente il reo di adeguati presidi in termini di determinatezza delle norme penali».

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