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Su caso Diciotti e Toninelli è tregua incrociata Lega-M5s

Settimana decisiva per il governo, ma l'esito è scontato: Salvini e il ministro sfiduciato saranno entrambi salvati

Su caso Diciotti e Toninelli è tregua incrociata Lega-M5s

Se fosse cinema, anziché dura realtà, sarebbe un remake farsesco, alla Ciccio&Franco, de «Il Ponte delle spie» di Spielberg. Nella nebbia, in mezzo al ponte di ferro sul fiume Havel, le delegazioni nemiche si incontrano e si scambiano i prigionieri: da una parte Matteo Salvini, pallido e con barba lunga; dall'altra il rubizzo e riccioluto Danilo Toninelli: risate assicurate.

Nell'ennesima settimana cruciale per il governo grilloleghista, tra la «storica» firma del Memorandum cinese e un voto regionale in Basilicata assai temuto dai Cinque Stelle, il pezzo forte sarà il doppio voto del Senato, che finora ha tenuto legate le mani dei due azionisti del governo in un gioco di scambi e ricatti politici incrociati. Da una parte la richiesta di processo contro il ministro degli Interni per il sequestro della nave Diciotti, dall'altra le mozioni di sfiducia di Pd e Forza Italia contro il ministro dei Trasporti per la sua tragicomica gestione della vicenda Tav. Oggi, a Palazzo Madama, inizia la discussione sul processo Diciotti, cui Salvini vuole sottrarsi. La Giunta ha già respinto la richiesta dei magistrati e ora l'aula deve confermarne la decisione. I vertici Cinque Stelle hanno già dato ordini precisi ai loro senatori: niente scherzi, non saranno tollerati distinguo: «Chi vota diversamente da quanto disposto è fuori». Al massimo, nei casi limite come le senatrici Fattori e Nugnes, verrà concessa un'uscita di soppiatto dall'aula. Il verdetto è comunque assicurato: serve la maggioranza assoluta, ma FI e FdI voteranno con la maggioranza per Salvini. Il ministro sarà salvato dal processo, com'era assai ansioso di fare. Giovedì, poi, arriveranno al voto le mozioni contro Danilo Toninelli, accusato di aver «mentito spudoratamente» al Parlamento sul caso Tav. In molti, nella maggioranza, si libererebbero volentieri del comico pasticcione che non lascia passare giorno senza combinarne una delle sue (vedi l'acquisto della maxi-Jeep diesel di cui si è vantato in Tv) e che va a picco nei sondaggi più degli altri ministri, il che è tutto dire. Ma i patti sono chiari: se si salva il leghista, si salva il grillino. Il margine di voti però è più risicato, perché qui le opposizioni sono compatte e la maggioranza deve salvarsi Toninelli da sola. Ma a Palazzo Madama nessuno si aspetta colpi di scena: «Si blindano a vicenda: nessuno dei due ha interesse ad aprire crisi nella maggioranza prima delle elezioni europee, per timore di pagarne il fio», spiegano dal Pd.

Salvini ha fatto sapere che sarà in aula durante il dibattito che lo riguarda e che interverrà per illustrare le ragioni per cui preferisce sottrarsi alla magistratura. Sicuro di spuntarla, si concede un po' di drammaturgia: «Se mi arrestassero perché ho difeso i confini e la sicurezza del mio paese ne sarei orgoglioso, perciò facciano come credono, non è un problema», gigioneggia. Di Maio, garante del salvacondotto per il collega vicepremier, sa che una volta chiuso il caso Diciotti avrà un'arma di pressione in meno su Salvini, che finora ha dovuto piegarsi alle richieste dell'alleato, persino sulla Cina. Ma non può permettersi terremoti politici adesso. Così, l'infuocata settimana parlamentare finirà, molto probabilmente, a tarallucci e vino. Così ieri mattina Salvini, intervistato a Rtl, ha cercato di commuovere gli ascoltatori: «Pensatemi, quando il Senato voterà su di me».

Ma si è sentito replicare seccamente dal conduttore: «Ministro, sanno già tutti come finirà».

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