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Sui rom è sintonia con la Raggi: "La Corte europea non ci ferma"

Il ministro dell'Interno assicura che sullo sgombero del camping River si andrà avanti. Non per razzismo, ma per la "legalità"

Sui rom è sintonia con la Raggi: "La Corte europea non ci ferma"

Roma Un incontro a due in sintonia - con qualche distinguo - sul caso rom nella Capitale, dopo lo stop imposto da Strasburgo allo sgombero del campo nomadi ospitato dal camping River. Ieri Matteo Salvini e Virginia Raggi si sono incontrati al Viminale dove, in una conferenza stampa congiunta, il ministro dell'Interno e il sindaco di Roma hanno spiegato che intendono andare avanti secondo la strada già tracciata dal Campidoglio con il piano rom. Diretto, come al solito, il titolare del Viminale, che non nasconde una vena polemica verso la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo. «A me - ha esordito il ministro - interessa che la legalità venga ripristinata, ho anche messo a disposizione la forza pubblica per garantirlo». Quanto alla sentenza di Strasburgo, Salvini ha osservato che «è una Corte curiosa, ci mette alcuni anni a rispondere su certi quesiti e una manciata di minuti per arrivare ad altre decisioni. Ma non sarà la Corte europea di Strasburgo a bloccare la soluzione di un problema di ordine pubblico». Dunque sembra che venerdì, alla scadenza della breve proroga concessa dalla corte europea allo sgombero, Comune e ministero dell'Interno andranno avanti con la chiusura del «River», primo a chiudere i battenti tra i campi nomadi di Roma, che secondo la nuova politica del Campidoglio dovranno essere azzerati.

Per «legalità», non per razzismo, spiega ancora Salvini, quasi replicando al capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ieri in occasione degli 80 anni del manifesto della razza ha rievocato il pericolo del «veleno del razzismo» contro i rom.

E tanto più nel giorno della polemica con Famiglia Cristiana per il titolo «vade retro Salvini», mentre Matteo Renzi gli rinfaccia di aver sbandierato strumentalmente in campagna elettorale i valori cristiani salvo poi arrabbiarsi col settimanale, il titolare del Viminale ci tiene a ribadire che dietro le sue posizioni non c'è «nessuna discriminazione». «Noi - ha detto il ministro - chiediamo soltanto parità di diritti e di doveri: i bambini devono andare a scuola, bruciare cose con roghi tossici non fa parte della legalità, le auto devono essere assicurate e va fatta la dichiarazione dei redditi».

Chiara anche la posizione della Raggi, che però ha spiegato di aver ribadito a Salvini, che ha ringraziato per essersi mostrato «molto disponibile», che la linea che il Campidoglio intende tenere nell'affrontare la questione dei campi rom è quella della «fermezza insieme all'accoglienza». Una «terza via» che comunque Salvini ha apprezzato, purché, ha ricordato ancora il ministro, «il tema resti il ripristino della legalità». Un punto comunque caro anche al sindaco, che ricorda come «chi pensa che per chiudere o superare un campo ci vogliano due giorni non conosce la situazione o è in malafede». La Raggi, che assicura di aver risposto in modo esauriente alla Corte di Strasburgo, snocciolando le soluzioni alternative proposte ai nomadi ospiti del camping, ha poi ricordato che il problema ha radici profonde: «Questa situazione - ha spiegato - a Roma va avanti da dieci anni in cui si sono creati dei ghetti, e per smantellarli ci vuole un'azione seria, di sistema». E servono anche gli uomini.

Così, ultimo punto, la Raggi ha anche ricordato a Salvini i problemi di organico dei vigili urbani di Roma, in deficit di circa 3mila unità.

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