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Sui voucher governo e Cgil si minacciano con i "pizzini"

Camusso attacca i buoni lavoro incrementati sotto Renzi: "Condannano alla povertà, vanno aboliti"

Sui voucher governo e Cgil si minacciano con i "pizzini"

La sinistra-sinistra torna a ruggire cercando di spaventare i moderati, disorientati da questo periodo di transizione post-renziana. Ieri il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, con due differenti interventi hanno cercato di imprimere un'accelerazione al dibattito politico, approfittando del clima ancora vacanziero.

«I voucher sono ormai diventati i pizzini che retribuiscono qualsiasi attività», ha dichiarato la numero uno di Corso Italia spiegando che «così facendo si inquina il buon lavoro e si condannano milioni di giovani e lavoratori a un futuro assai povero: vanno aboliti». Camusso, chiaramente, ha come obiettivo quello di sensibilizzare il maggior numero di persone sul tema del referendum contro il Jobs Act nella speranza che la Consulta il prossimo 11 gennaio dia luce verde. E questa volta l'ha sparata grossa paragonando i buoni ai bigliettini usati dai mafiosi per inviare messaggi, considerandoli cioè uno strumento di ricatto dei lavoratori.

La polemica innescata dall'uso dei voucher come retribuzione per i mediatori culturali che il Comune di Torino si appresta ad assumere ha rappresentato un'ottima occasione per far parlare di sé. «I voucher nella pubblica amministrazione vengono ormai usati per tutto: per sostituire i lavoratori in essere, come forma assistenziale, per pagare attività del terzo settore, per retribuire il lavoro occasionale. Tutti usi dannosi e impropri», ha concluso.

A un altro cavallo di battaglia della sinistra radicale, il contrasto alla povertà, ha fatto invece ricorso il ministro Martina. «Un aiuto mensile per i più poveri con un decreto d'urgenza che per me è lo strumento migliore per renderlo operativo nel giro di poche settimane», ha detto a Repubblica. Si tratta di un invito al premier Gentiloni a «concretizzare in tempi rapidi il reddito di inclusione in sostegno di famiglie e persone in grave difficoltà economiche» di modo che il lavoro svolto nella legge di Bilancio dia «i suoi frutti».

Una sortita alla quale ha replicato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ricordando che «il governo considera una priorità assoluta l'impegno per l'attuazione di una misura universale di contrasto alla povertà e considera apprezzabile ogni iniziativa del Parlamento che vada nella direzione di renderla rapidamente attuabile ed è pronto a sostenerla». Una risposta abbastanza «felpata» nella quale si sottolinea come la legge di Bilancio 2017 abbia aumentato i fondi contro l'esclusione sociale a 1,15 miliardi che andranno tutti a finanziare i vari Sia (sostegno all'inclusione attiva) attuati su base regionale. Il riferimento all'iniziativa parlamentare, tuttavia, mal si concilia con il decreto d'urgenza chiesto da Martina che, pur essendo esponente di sinistra, è alleato di Renzi e dunque ha cercato di togliere a Gentiloni altri pretesti per traccheggiare.

Il rischio, però, è che questa strategia aggressiva finisca con il fornire ulteriore sostegno alla linea dell'attuale premier e, soprattutto, a quella del Quirinale. Una radicalizzazione della proposta politica potrebbe avvelenare ulteriormente il clima e suggerire ulteriori dilazioni (nonché grandi coalizioni).

D'altronde, la stessa lotta agguerrita ai voucher propugnata dalla Cgil appare sproporzionata: è vero che nel 2016 ne è stata venduta la cifra record di 145,3 milioni di unità, ma quei buoni sono uno dei pochi strumenti per evitare il ricorso al lavoro nero.

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