Politica

Sulle autostrade una truffa ogni ora

Da Nord a Sud bande specializzate in raggiri. Business da 800mila euro al mese

L'autostrada come un enorme drive-in, dove ogni giorno va in scena lo stesso film: Pacco, contropacco e contropaccotto. Il titolo è lo stesso del cult movie di Nanni Loy del 1993, ma la storia che da Nord a Sud si snoda davanti ai parcheggi degli autogrill non ha nulla di finto. Qui infatti le truffe sono sempre reali. Un imbroglio ogni ora, 365 giorni su 365. Totale: circa 9 mila vittime all'anno.

Dati che il Giornale ha stimato incrociando i dati delle denunce raccolte ogni anno dalla Polstrada che, in tema di «pacchi» autostradali, è il primo referente per viaggiatori a dir poco sprovveduti; tutta gente che si ritrova col portafoglio alleggerito in cambio di una borsa con all'interno un elenco telefonico invece dell'«ultimo modello di computer» che ci si illude di aver acquistato a un prezzo «super conveniente».

Nella contabilità dei furbetti delle aree di servizio vanno aggiunti anche i colpi messi a segno dalla banda delle tre carte (o tre campanelle) e gli specialisti dei furti nelle auto che, grazie a una telecomando-passepartout, riescono ad aprire i bagagliai delle auto parcheggiate davanti agli autogrill.

Affari dalle proporzioni ingenti (fino a 800mila euro al mese) ed estremamente ramificato sul territorio. Il tutto continuando a tener fede a un modus operandi che si tramanda da generazioni.

Una curiosità: a volte a fare i «dritti» sono anche gli automobilisti che, complice la folla, riciclano al bar lo stesso scontrino per più consumazioni. Piccole cose rispetto al vero e proprio racket delle truffe che prolifera sulle spalle dei «polli»: un esercito di ingenui che incredibilmente continua a farsi raggirare con trucchi che ormai dovrebbero conoscere perfino i bambini.

La banda con i «compari» che fingono di vincere puntando sulla carta vincente o di fare l'«affarone» accaparrandosi materiale tecnologico di «prima qualità» rappresenta da anni un classico della letteratura truffaldina popolare. Libri, giornali, cinema e tv ne parlano da sempre. Ma loro, i «fessi» dell'autogrill continuano a cascarci. Salvo poi chiamare sconvolti polizia e carabinieri raccontando che «un signore mi ha venduto un computer, ma poi, quando ho aperto la confezione, il computer c'era: ma era di cartone»; oppure che «ho puntato una banconota da 100 euro sulla campanella con sotto la pallina vincente, ma poi la pallina non c'era e io ho perso i soldi».

Verrebbe voglia di rispondergli: «Ben vi sta!». Invece le forze dell'ordine arrivano, indagano e spesso arrestano anche i responsabili. Che però, tempo qualche giorno, si rimettono in viaggio verso l'autogrill: casa e sede di «lavoro» al tempo stesso.

NiMat

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