Cronache

Suo figlio è in fin di vita. Ma lei non può vederlo per il "travel bun" di Trump

Suo figlio è in fin di vita. Ma lei non può vederlo per il "travel bun" di Trump

Il figlio sta morendo ma lei non può vederlo a causa della sua nazionalità, che le impedisce di entrare nel territorio degli Stati Uniti. Accade a una donna yemenita, Shaima Swileh, il cui figlio di due anni, Abdullah, a causa di una malattia degenerativa al cervello è condannato a morte nel giro di poco tempo. Con il piccolo all'ospedale pediatrico Benioff Oakland di San Francisco, c'è il papà, Ali Hassan, cittadino americano come il figlio. La madre invece non ha la cittadinanza americana ma quella dello Yemen, uno dei sei Paesi a maggioranza musulmana (gli altri sono Iran, Libia, Somalia, Sudan e Siria) interessati dal cosiddetto Travel Ban, il divieto di ingresso negli States voluto dall'amministrazione Trump, da molti accusato di incostituzionalità. La donna è bloccata al Cairo, in Egitto, con un solo desiderio: poter stringere un'ultima volta la mano del piccolo Abdullah. «Mia moglie mi chiama ogni giorno, vuole baciare e abbracciare nostro figlio per l'ultima volta, non abbiamo più molto tempo, per favore aiutateci a riunire la nostra famiglia», è il grido di allarme del papà, che è assistito nella sua battaglia dal centro per i diritti civili degli islamici della California.

Al piccolo Abdullah la malattia è stata diagnosticata molto presto. A causa delle sue gravi condizioni e della guerra civile che imperversa in Yemen, quando Abdullah aveva otto mesi la famiglia si è trasferita in Egitto. Poi il solo padre ha portato Abdullah negli Stati Uniti per garantirgli una migliore assistenza medica. Ma i medici americani non hanno dato nessuna speranza di miglioramento al bambino. Da quel momento è iniziata la battaglia per il ricongiungimento della famiglia.

Una battaglia di cuore, che dovrebbe valere più della legge.

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