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"Il sussidio dei grillini è un'elemosina inutile. Parola di ex profuga"

La consulente somala Yusuf: "Il reddito M5s fa male ai giovani e crea tensioni sociali"

"Il sussidio dei grillini è un'elemosina inutile. Parola di ex profuga"

«Nessuno mi ha regalato niente, e non vorrei mai elemosine». Layla Yusuf ha la forza delle donne libere e la dolcezza di chi ne ha viste tante. Somala, musulmana, attivista dei diritti civili, è una donna di successo che si è fatta da sola. Odia l'assistenzialismo e considera il reddito di cittadinanza una specie di sciagura.

Adesso gira il mondo per lavoro, guida missioni aziendali in Africa o in Cina. Ha collaborato con un ente di certificazione che lavorava con Ferrari, Maserati e Lamborghini. In Italia è arrivata nei primi anni Novanta, fuggendo da una guerra civile che stava devastando il suo Paese. È arrivata con una borsa di studio, lei laureata in Chimica e docente all'università nazionale somala. A Padova fatto la ricercatrice. Non voleva lasciare la Somalia ma la faida fra clan divampava. «Eravamo fra i perseguitati, ci siamo salvati», racconta. Layla ha ottenuto un permesso di soggiorno in Italia, mettendosi subito a lavorare. «Non era un momento facile neanche quello. Nessuno ti regalava nulla e ci siamo arrangiati. Altri dalla diaspora sono andati in Paesi che davano tutto, casa e alloggio, ma questo crea frustrazioni, tensioni sociali, fra persone che pagano le tasse e altre non fanno nulla. Ho assistito a episodi di razzismo fra persone dello stesso colore, per cose simili».

Lasciato il Veneto, è sbarcata a Bologna, dove ha collaborato col Sant'Orsola, poi a Reggio Emilia dove ha lavorato per 2 anni in un'azienda per poi passare nel settore auto: 12 anni, da impiegata nel controllo qualità a responsabile della qualità aziendale. «Unico dirigente donna, unico dirigente di colore - racconta sorridendo - Quello era il mondo reale, non il mondo dello spettacolo». Cittadina italiana dal 2007, Reggio oggi è la sua casa. Nel 2010, quando la crisi mordeva forte, ha lasciato il posto fisso da capo per mettersi «in proprio»: libero professionista. «Dicevano che ero pazza ma avevo intravisto un'opportunità, mi ero preparata, non sarei mai più tornata indietro, è stato un bel giorno per la mia vita e per il mio lavoro, che sono spiccati».

Ora lavora a due grandi progetti in Africa, con i cinesi. Uno per una filiera agroalimentare di tè e caffè in Kenya e in Ruanda, l'altro per impiantare una insediamento produttivo in Kenya con 30mila occupati nell'assemblaggio di auto cinesi destinate al mercato africano. Layla ha una figlia che vive in Australia. Le ha insegnato questi principi, questa libertà: «Credo nell'autodeterminazione delle persone. Sono musulmana, sufi e lo rivendico ma non ho mai messo il velo e nessuno potrà mai mettermelo». Nella sua vita, il successo va di pari passo con l'indipendenza. Il «reddito» varato dal governo lo considera «paralizzante». «Non darmi il pesce - dice - ma insegnami a pescare. Un sussidio permanente non va bene, può avere un senso per un periodo in cui si cade ma se diventa fisso è paralizzante, non si cerca più il pane. Non ci credo, non aiuta nessuno, soprattutto i giovani. Io credo che molti preferiscano lavorare, piuttosto che ricevere 780 euro. Servono investimenti, occasioni di lavoro, formazione. Senza contare i possibili furbi. L'Italia non è adatta a misure simili». «Adesso giro il mondo col mio lavoro ma se un giorno dovessi perdere tutto - dice - non vorrei elemosine. Non avrei problemi a lavare le scale.

Questione di dignità».

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