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Svezia, la sfida sovranista. L'ultradestra punta in alto

I disastri dell'immigrazione tema centrale delle elezioni. Il partito xenofobo sogna il primo posto

Svezia, la sfida sovranista. L'ultradestra punta in alto

La vecchia Svezia tollerante, generosa e statalista rischia di ricevere oggi un colpo micidiale dalla chiamata alle urne. Il Paese che per un secolo si è identificato, ed è stato identificato nel mondo, con il modello socialdemocratico scandinavo mostrerà un volto dai tratti diversi, in linea con quanto già sta accadendo in tanti altri Paesi europei segnati da un'ondata migratoria esagerata nei numeri e impossibile a digerirsi senza gravi contraccolpi sociali e politici. E quei tratti porteranno politicamente il segno del declino della socialdemocrazia (che già in questa legislatura ha governato senza una maggioranza in Parlamento), della faticosa tenuta dell'attuale opposizione moderata e conservatrice, e soprattutto della forte ascesa dell'estrema destra nazionalista e xenofoba.

In questi ultimi giorni, in un Paese di soli 9 milioni di abitanti (la Svezia è vasta una volta e mezza l'Italia, ma è una specie di boscoso frigorifero) che ha generosamente accolto circa un milione di stranieri di diverse decine di etnie completamente estranee alla cultura locale, all'insofferenza già ampiamente diffusa soprattutto nei ceti medio-bassi per la messa in crisi del collaudato sistema di welfare, si sono aggiunti i segnali inquietanti mandati dalla cronaca nera: gang di immigrati scatenate nel devastare, rubare e minacciare, centinaia di auto bruciate, sparatorie nelle strade e perfino attacchi con granate.

Soprattutto dalle vaste periferie delle grandi città come Stoccolma, Malmö e Goteborg, ormai date per perse da un'opinione pubblica che non riconosce più il proprio pacifico e ordinato Paese, sale una rabbia sorda verso uno Stato che ha consentito questa degenerazione. Rabbia che prende forma nei numeri di sondaggi preelettorali che minacciano di proiettare i «democratici svedesi» del giovane leader populista Jimmie Åkesson oltre il 20 per cento dei suffragi, testa a testa con i socialdemocratici del premier uscente Stefan Löfven (dati sotto il 25 per cento) e con i moderati guidati da Ulf Kristersson.

A preoccupare gli analisti non è solo l'ascesa dell'estrema destra, che potrebbe superare le attese tenendo conto che molti elettori incerti potrebbero decidersi a votarla all'ultimo minuto, ma anche il fatto che né il blocco di alleanza a sinistra (socialdemocratici più verdi più sinistra estrema) né quello di centrodestra (moderati più centristi più liberali più democristiani) possono ambire a governare da soli. Un colpo alla stabilità del futuro governo svedese, che con ogni probabilità finirà col risultare da una grossa (quando non grossissima) coalizione, assemblata per tener fuori lo spauracchio populista.

Nelle ultime dichiarazioni prima del voto, il premier uscente Löfven si è presentato agli elettori come la garanzia del sistema del welfare svedese e il baluardo «contro le forze oscure che si stanno mobilitando» e ha paragonato il voto ai nazionalisti a «voler spegnere un incendio con l'alcol». Il moderato Kristersson ha assicurato che dopo il voto non farà mancare il sostegno alla muraglia antipopulista, «quale che sia il blocco che otterrà più voti». I leader della sinistra e del centrodestra hanno chiuso la campagna nella capitale Stoccolma, mentre Åkesson ha scelto Malmö, città simbolo dei disastri di un'immigrazione che sta ormai assumendo un volto minaccioso per la pace sociale. Il leader populista ha promesso ai suoi sempre più numerosi sostenitori che non si potrà più prescindere dalla forza del suo partito, e che la Svezia non sarà più quella di oggi.

RFab

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