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Svolta sui rider: «Siano pagati come dipendenti»

La Corte di appello di Torino accontenta a metà cinque ex fattorini: no al loro reintegro

Roma Rider rimborsati, pagati come se fossero lavoratori a tutti gli effetti, tutelati da un contratto nazionale (quello del trasporto). Ma niente reintegrazione e assunzione per i lavoratori a due ruote.

Una sentenza della corte di appello di Torino accontenta a metà le richieste di cinque ex ciclisti di Foodora allontanati dall'azienda nella fase più acuta della mobilitazione dei rider. I giudici hanno ribaltato la sentenza di primo grado e hanno riconsciuto ai rider il diritto «a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione all'attività lavorativa da loro effettivamente prestata in favore di Foodora sulla base della retribuzione diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del quinto livello del contratto collettivo logistica-trasporto merci dedotto quanto percepito».

La società che gestisce la piattaforma digitale di consegna di cibo, dovrà pagare la differenza tra quanto hanno percepito da rider, quindi una percentuale sulle consegne effettuate e uno stipendio base di un fattorino. Vediamo le motivazioni, la risposta dell'azienda «per comprendere come la Corte sia giunta a questa inedita conclusione».

La sentenza di primo grado aveva respinto la richiesta economica. I cinque rider si sono visti invece respingere la richiesta di reintegro e l'assunzione. Insomma per la giustizia non devono esistere i rider di professione e la consegna in bici o in motorino resterà un lavoretto. La gig economy, economia dei lavoretti non sarà vietata in Italia, ma potrebbe diventare più onerosa per le aziende.

I ricorrenti e i loro avvocati considerano la sentenza una «prima risposta alla giungla di aziende che tentano di eludere le leggi per pagare una miseria i lavoratori, trattandoli come schiavi». Secondo l'avvocato Giulia Druetta anche per i rider «vale il contratto di lavoro subordinato, con richiamo all'articolo due del Jobs Act». Quindi sì alla tutela da un ingiusto licenziamento, ad esempio nel caso in cui il lavoratore svolga attività sindacale. Ma le tutele restano quelle minime che si stanno imponendo in questi anni sia attraverso riforme come quella del governo Renzi, sia per un nuovo orientamento della giurisprudenza: sempre più raro il reintegro nel posto di lavoro, facilissimo invece ottenere un lauto indennizzo a favore del dipendente allontato dall'azienda.

La sentenza ha riacceso il dibattito sul tavolo aperto dal ministro alle Attività produttive Luigi di Maio sui rider. Il ministro deve convocarlo «così da costruire definitivamente un accordo collettivo che generalizzi i principi oggi stabiliti a Torino», ha chiesto Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl. I sindacati puntano a un «contratto dignitoso» anche per i rider.

AnS

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