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Il tagliagole, l'uomo della Cia e il signore della guerra: ecco chi sono i ras del petrolio

Hanno strategie opposte ma lo stesso scopo: mettere le mani sull'oro nero. Per cambiare i destini del mondo

Il tagliagole, l'uomo della Cia e il signore della guerra: ecco chi sono i ras del petrolio

Abdel Qader al Najdi, il tagliagole islamico, che vuole conquistare Roma, Khalifa Haftar, l'ex generale di Gheddafi aiutato dalla Cia e Ibrahim al Jadhran, il signore della guerra che veste Armani. Questi tre incredibili personaggi ruotano attorno alla guerra per il tesoro libico, l'oro nero. Per difendere i pozzi di petrolio, il nuovo governo di Tripoli di Fayez al Serraj, spalleggiato dall'Onu, ha chiesto l'intervento militare della comunità internazionale. Fonti della Difesa italiana hanno escluso, per ora, una missione del genere. Al massimo possiamo ampliare la cornice di sicurezza garantita dalla Marina dalle nostre installazioni anche alle piattaforme petrolifere libiche off shore. Il vero intervento militare sul terreno prevede solo l'invio di una forza di protezione alla sede dell'Onu a Tripoli e di addestratori del nuovo esercito libico. In tutto 400 uomini, ma prima dovrà esprimersi il Parlamento.

Nel frattempo la battaglia campale per il controllo dei gangli petroliferi della Cirenaica continua senza esclusioni di colpi. Domenica è stato ferito, non gravemente, al Jadhran, il capo della Guardia petrolifera, una milizia che dal 2013 difende e controlla i principali pozzi e terminal petroliferi nell'Est del paese. Ex jihadista della brigata Hamza, il signorotto della guerra 35enne ama vestire italiano e offre agli ospiti il cappuccino. Sempre ben rasato e con abiti Armani è il contrario del miliziano libico con barbone profetico. I suoi uomini vengono pagati bene, ma negli ultimi mesi sono sotto attacco delle bandiere nere, che se non riescono a conquistare gli obiettivi si fanno saltare in aria danneggiandoli seriamente. Non a caso l'estrazione di greggio è crollata da 1,8 milioni di barili al giorno a 300mila. Il governo dell'Onu ha chiesto alle Guardie petrolifere «di garantire la protezione dei terminal» di Ras Lanuf, Sidra e Marsa al Brega dove arrivano gli oleodotti. Al Jadhran per ora abbozza, ma in realtà giura di studiare la Costituzione americana e di voler tornare «alla Libia federale del 1951». Un modo forbito per ipotizzare la secessione della Cirenaica dal resto del paese.

Ieri, un convoglio dello Stato islamico, ha lasciato Sirte, la «capitale» libica del Califfo per Ben Jawed, avamposto jihadista davanti al terminal petrolifero di Sidra. Del nuovo emiro delle bandiere nere, Abdel Qader al-Najdi, che viene dall'Arabia Saudita non esistono foto. Il tagliagole senza volto ha dichiarato che la Libia e le sue risorse petrolifere «sono un dono di Allah». L'obiettivo, come in Siria e Iraq, è occupare i pozzi e utilizzare i proventi del greggio per la guerra santa. Secondo al Najdi l'obiettivo finale è «la conquista di Roma».

Il terzo incomodo nella guerra per il petrolio è il generale Haftar, l'uomo forte del governo di Tobruk teoricamente riconosciuto dalla comunità internazionale. Ieri una petroliera battente bandiera indiana, ma affittata da una società degli Emirati arabi, non ha ottenuto il permesso di attraccare a Malta. A bordo ha caricato l'equivalente di 350mila barili di greggio libico, che Haftar e Tobruk vorrebbero vendere per fare cassa. Il nuovo governo di Tripoli lo considera «contrabbando illegale». Ex generale di Gheddafi era stato fatto prigioniero nella guerra in Ciad del 1987. Poi emigrò negli Usa per 20 anni diventando cittadino americano. Il colonnello lo condannò a morte, ma nel 2011 il suo ex generale è tornato in patria per la rivolta che ha abbattuto il regime.

Oggi guida la fronda, da dietro le quinte, dei parlamentari di Tobruk, che ancora non votano per il nuovo governo di Tripoli, nonostante gli ultimatum dell'Onu.

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