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Tahar, papà coraggio è l'87ª vittima di Nizza: "Morto di crepacuore"

Vide la moglie travolta dal Tir e scoprì dopo 48 ore di ricerca di avere perso anche il figlio

Tahar, papà coraggio è l'87ª vittima di Nizza: "Morto di crepacuore"

Ha girato due giorni per Nizza in cerca del figlio per poi scoprire che il bimbo era morto. E ha girato per mille giorni per quel che restava della sua stesTaharsa vita per scoprire che era morto anche lui.

Tahar Mejri è stato il volto delle vittime dell'attentato di Nizza, quel camion guidato da Mohamed Lahouaiej-Bouhlel sulla foto accorsa sulla promenade des Anglais, al centro di Nizza, per guardare i fuochi e festeggiare la presa della Bastiglia, il 14 lugluio 2016, che fece 86 morti. E ora 87 con lui. Perché Tahar è morto di crecacuore, meno di tre anni dopo quel giorno in cui dapprima vide morire la moglie Olfa e poi - due giorni dopo - venne a scoprire che anche il figlio, il quattrenne Kylan, era stato ucciso da quel Tir usato come arma.

La morte è stata annunciata dalla pagina Facebook dell'associazione Mémorial des Anges, che da quel giorno di metà luglio di tre anni fa si occupa di ricordare le vittime di quell'attentato e si batte per la costruzione a Nizza di un sacrario laico. «Morire di amore. È con grande tristezza che vi annunciamo il decesso di Tahar Mejri, 42 anni, papà di Kylan Mejri, morto il 14 luglio 2016. Tutti i nostri pensieri, il nostro affetto e il nostro sostegno alla sua compagna Rachel che malgrado tutto il suo amore non è riuscita a farlo uscire dalla sua indicibile sofferenza». Il posto è accompagnata da una foto in cui Tahar e Rachel sono abbracciati, lui con gli occhi dell'animale braccato dal dolore, la bocca che non riesce nemmeno a fingere un sorriso, gli occhi una fessura.

La vita di Tahar era di fatto terminata quel 14 luglio di tre anni fa. Con la moglie Olfa Kalfallah e il figlio Kylan era andato a vedere i fuochi artificiali per la giornata dell'orgoglio francese. La donna era stata spazzata via da quel Tir, e Tahar l'aveva vista morire. Kylan invece aveva fatto perdere le sue tracce e Tahar aveva iniziato a cercarlo per tutti gli ospedali della città, senza dormire, senza mangiare, senza concedersi tregua. In quelle lunghe ore sospeso in una bolla, Tahar aveva anche chiesto aiuto perché qualcuno gli fornisse informazioni. In un video ancora reperibile in rete lo si vede intervistato dal cronista di una televisione, gli occhi febbrili, la barba sfatta: «Sono quarant'otto ore che cerco mio figlio. Se è morto d'accordo. Se è vivo d'accordo. Ma voglio saperlo». Lo saprà poco dopo. Kylan era morto anche lui.

Da quel momento Tahar diventerà un simbolo, farà della sua vita un atto di testimonianza, da musulmano, della follia dell'odio religioso. Dopo aver sepolto Kylan nel corso di una cerimonia funebre in una moschea della periferia di Nizza, quella di ar-Rahma nel sobborgo di Ariane, iniziò a girare indossando spesso una t-shirt con la foto del figlio.

«Ho fatto di tutto per alleviare le sue sofferenze - spiega a Nice-Matin la compagna Rachel -. ma non ci sono riuscita. All'inizio si era lasciato andare, poi lentamente si era ripreso. Ma negli ultimi tempi lo vodevo affaticato. La scorsa settimana mi confessò che gli aveva telefonato in sogno Olfe per dirgli che Kylan voleva suo papà, che doveva andare». Sempre al quotidiano nizzardo un amico di Tahar spiega che da tunisino musulmano Tahar non si sarebbe mai suicidato ma che si è certamente inconsciamente lasciato morire. «È stata aperta un'inchiesta per verificare le cause della sua morte - dice Seloua Mensi, presidente dell'associazione Promenade des Anglais - ma per la famiglia è morto di dolore».

Riposerà in Tunisia, vicino a Kylan.

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