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Tajani sfida M5S: io ho tagliato davvero

Il presidente del Parlamento Ue: «Ho ridotto il mio stipendio e gli addetti»

Tajani sfida M5S: io ho tagliato davvero

Ragiona guardando le acque increspate del lago di Como, ma lo sguardo corre a Roma. E al rifiuto dei Cinque stelle di incontrare Berlusconi. «I grillini - spiega Antonio Tajani - non possono decidere di parlare con uno e di evitare qualcun altro. Noi siamo peccatori - ironizza il presidente del Parlamento europeo -ma magari i peccatori sono meglio dei santi». Tajani ha appena concluso il suo intervento davanti alla platea di Confcommercio nella sontuosa cornice di Villa d’Este. Il tema del giorno sono le «Divergenze NordSud»,ma lui sconfina. Attacca Facebook e lancia un altolà alla numero uno della vigilanza Bce, Daniele Nouy.

Prima affronta la tempesta planetaria provocata dal colosso dei social: «Se io dico al mio medico che ho un problema alla prostata, non è accettabile che poi mi chiami la clinica x per propormi l’intervento, perché da qualche parte ha pescato il mio profilo». Con la Nouy è esplicito: «È giusto affrontare e risolvere il problema dei crediti deteriorati, ma Francoforte deve valutare anche gli impatti di questi interventi, le conseguenze, i costi sociali. Certe dinamiche hanno bisogno di tempo per essere attuate». Il numero uno del Parlamento europeo lascia i saloni con vista sulle montagne innevate in una sorta di staffetta con il neopresidente della regione Lombardia Attilio Fontana che dovrebbe varare la sua giunta la prossima settimana. Fontana allarga le braccia: «A Roma si va per le lunghe. Peccato, vuol dire che dovremo ritardare l’appuntamento con il nuovo governo per riscuotere i frutti del referendum di ottobre sull’autonomia. Dovremo pazientare un po’ per chiedere che Milano possa decidere sulle 23 materie concorrenti, a cavallo fra Stato e Regioni».

Poi, davanti alla sequenza di dati sconfortanti sul Sud che sprofonda nella spirale della crisi, offre il suo punto di vista: «Non servono piani Marshall, ne abbiamo visti troppi fallire. Semmai uno choc, come la flat tax». Soprattutto, Fontana punta il dito contro il verbo pentastellato e contro la predicazione grillina che anche a queste latitudini sembra guadagnare consensi e simpatie perfino insospettabili in un mondo che era considerato storicamente un bacino sicuro per il centrodestra. Non è più così e Di Maio, che nei giorni scorsi ha tuonato contro l’aumento dell’Iva davanti allo stato maggiore di Confcommercio, è piaciuto. Ed è stato sdoganato.

Ma in quell’occasione il nuovo leader del primo partito italiano aveva elegantemente dimenticato il tema tabù del reddito di cittadinanza. Ora Fontana lo riporta sotto i riflettori con una riflessione che si fa slogan: «Dio scampi il Sud dal reddito di cittadinanza. Non si può più vivere di assistenzialismo». Prima di chiudere con un paragone a effetto: «Se il Paese tenesse il passo della Lombardia, si risparmierebbero 60 miliardi l’anno. Con servizi infinitamente migliori». Alla fine le parole di Fontana sono in linea con quelle di Tajani che sfida i Cinque stelle: «Io ho sforbiciato sul serio, io non faccio chiacchiere, ma fatti. Io mi sono tagliato mezzomilione l’anno di appannaggio, più 1.800 euro al mese. Io ho ridotto il personale del gabinetto del presidente. Questa storia della superiorità morale non esiste».

Anche se è una delle cause delle convulsioni di queste ore nel Palazzo.

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