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Tante promesse, pochi soldi. Manovra da "Grande fratello"

Tria convince M5s e Lega a ridurre in 3 anni il rapporto deficit/Pil. Confermata la stretta su scontrini e fatture

Tante promesse, pochi soldi. Manovra da "Grande fratello"

Un deficit «sovranista» per il 2019. Poi, nel 2020 e nel 2021, il disavanzo riprenderà il percorso di riduzione avviato quattro anni fa. «Vi confermiamo ufficialmente che il rapporto deficit/Pil è attestato al 2,4% ma poi calerà al 2,1% e all'1,8%», ha annunciato ieri il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo il vertice finale sul Def.

Un incontro di due ore tra il ministro dell'Economia Giovanni Tria, lo stesso presidente del Consiglio e i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini che da una parte ha dato sollievo ai mercati, dall'altra ha confermato un Def - quindi una prossima legge di Bilancio - che porterà l'impronta del Movimento 5 stelle più di quella della Lega. Nemmeno dopo il vertice finale di ieri è stata fatta chiarezza sui principali nodi. Sono state confermate le misure annunciate da M5s e Lega, presi impegni di riduzione della spesa pubblica improduttiva senza fornire dettagli. E riemerge anche una tentazione da fisco manettaro. Dalle bozze del Documento di economia e finanza circolate c'è anche il ritorno della trasmissione telematica degli scontrini fiscali. Misura anti evasione che va di pari passo con la fatturazione elettronica, adottata dal governo di Matteo Renzi nel 2014. Criticatissima per le incombenze burocratiche che avrebbe caricato su negozianti e artigiani. I commercialisti avevano già chiesto una applicazione graduale e anche gli esercenti invocano cautela. «È un processo irreversibile», ha spiegato il responsabile fiscale di Confcommercio Vincenzo De Luca. Inevitabile perché dal 2019 entra in vigore la fatturazione elettronica obbligatoria. Ma se proprio si vuole applicare in pieno, «bisogna ridurre i costi a carico delle imprese ed eliminare altre forme di controllo».

Difficile che il governo molli. La stretta fiscale è un rifugio classico per gli esecutivi a caccia di coperture fresche. Di solito non danno nuove entrate e finiscono per appesantire la burocrazia dei contribuenti che pagano.

Una parte importante delle entrate arriverà dalla revisione delle spese fiscali, le famose tax expenditures. «Tagliamo le agevolazioni delle banche - ha spiegato Di Maio - che ne hanno avute troppe e ora cominceranno ad averne un po' di meno». Se nella tagliola finiranno altre spese sostenute dal fisco, come quelle sanitarie, si scoprirà solo quando arriveranno il decreto fiscale e la legge di Bilancio.

Le risorse «le troviamo eliminando gli sprechi e i privilegi di chi governava prima». Poi «non ci sarà alcun condono» ha aggiunto Di Maio, su Facebook.

Il lavoro del ministro dell'Economia Giovanni Tria è solo all'inizio. Deve convincere l'Europa. Ieri è riuscito a imporre uno stop ai vicepremier e leader della maggioranza Luigi Di Maio e Matteo Salvini che volevano mantenere il deficit al 2,4 per tre anni di fila. Hanno accettato la riduzione futura, ma hanno anche chiesto che il deficit in discesa non sacrifichi le misure di bandiera di M5s e Lega. «Pensione di cittadinanza, reddito di cittadinanza, centri per l'impiego e fondo truffati per le banche: sono le quattro misure che verranno finanziate nel 2019, 2020 e 2021. Abbassiamo gli obiettivi di deficit, senza penalizzare le misure fondamentali di una legge di bilancio che per la prima volta ripaga il popolo italiano di tante ruberie e tanti sprechi».

Anche Salvini assicura che saranno rispettati i «tre impegni» presi dal Carroccio. Quindi «il superamento della Fornero, con la possibilità, non l'obbligo, di andare in pensione, con alcuni anni di anticipo senza penalizzazione, poi la flat tax fissa al 15% per le partite Iva, e un piano di assunzione straordinario per 10mila donne e uomini delle forze dell'ordine. Sono strafelice per i risultati ottenuti».

Tutto chiaro. Tranne con quali soldi, visto che il deficit che si riduce lascerà pochi spazi. Ieri il governo non ha reso note le previsioni di crescita del Pil. Senza questo dato è impossibile capire l'entità dell'impegno preso da Tria e Conte. «In un anno dimezziamo il gap della crescita con l'Europa», si è limitato a dire il responsabile dell'Economia.

Ma Tria ha ottenuto anche altro. Ad esempio un impegno per la riduzione del debito, che sarà nel «triennio di quattro punti percentuali. Negli ultimi tre anni la diminuzione cumulata del rapporto debito/Pil è stata di 0,6 punti». Poi gli investimenti. Dell'extra deficit dei prossimi tre anni (2,4%/2,1%/1,8%), ha spiegato il ministro «ci sono 0,2 punti percentuali di investimenti addizionali, nel secondo anno 0,3 punti, nel terzo anno pesano sul deficit, per lo 0,4».

Forse il passaggio più importante di ieri. Una buona parte del rosso in bilancio dei prossimi anni sarà dedicata agli investimenti. Che saranno anche in infrastrutture «immateriali», ha detto il premier Conte. Precisazione inevitabile visto che il primo partito della maggioranza è contro le opere pubbliche. Senza contare che così, per le misure del contratto di governo ci sono ancora meno risorse.

Problemi politici ed economici che prima o poi emergeranno.

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