Cronache

Una teca facile da aprire e l'allarme in ritardo. I misteri del grande furto

Tutto (troppo) semplice per i ladri di Venezia. La polizia: "I gioielli potrebbero valere milioni"

Una teca facile da aprire e l'allarme in ritardo. I misteri del grande furto

Una manciata di pochi, pochissimi, secondi e una mano lesta, lestissima, che sfila via i gioielli indiani della collezione dello sceicco Al Thani, membro della famiglia reale del Qatar. La mostra «Tesori del Moghul e dei Maharaja» che dal 9 settembre scorso era ospitata a Palazzo Ducale, uno dei simboli di Venezia nel mondo, è finita ieri, come da calendario, ed è finita nel peggiore dei modi.

Una mostra di gemme e pietre preziose, oltre ai leggendari gioielli indiani appartenenti alla collezione privata di Hamad bin Abdullah Al Thani. Quasi trecento gli oggetti esposti per raccontare cinque secoli di pura bellezza, dal XVI al XX secolo. E quindi dai discendenti di Gengis Khan e Tamerlano fino ai grandi maharaja.

Ma ieri qualcuno, quei gioielli ha pensato di rubarli, svanendo nel nulla, lasciando il giallo a Palazzo Ducale. L'allarme è scattato intorno alle dieci del mattino, quando un epigono di Diabolik, probabilmente facendo leva con un piccolo strumento, ha forzato la teca, all'interno della Sala dello Scrutinio, contenente i gioielli e si è infilato in tasca una spilla in oro e un paio di orecchini. Quando il personale ha raggiunto la teca - che non è stata rotta, ma aperta la teca era vuota. L'allarme, come confidano fonti lagunari, è scattato con qualche secondo di ritardo: i ladri sarebbero stati in grado di renderlo inattivo, in qualche modo, solo per qualche secondo, quanto è bastato per riuscire ad agguantare le gioie, infilarle nella tasca e con passo felino uscire da palazzo e confondersi tra la folla di visitatori di Piazza San Marco. Subito ad arrivare sul posto la squadra mobile della questura di Venezia che vista la complessità dell'indagine ha richiesto l'aiuto e l'intervento degli specialisti della polizia di Padova e di Roma. Nel frattempo Palazzo Ducale è stato «blindato», tenendo dentro i visitatori, per far sì che gli investigatori controllassero chi in quel momento si trovava all'interno. Il tutto mentre fuori, una lunga coda di turisti aspettava di poter entrare. Le indagini sono scattate subito e vanno avanti a tamburo battente. Chi ha agito non era da solo. Ma soprattutto, ci si chiede, chi può essere stato così lesto da infilare una mano in una teca, dopo averla aperta come una scatoletta, come ha fatto sapere il questore di Venezia, Vito Danilo Gagliardi, infilare il bottino in tasca e sgattaiolare via, confondendosi tra la folla? Era qualcuno che sapeva come e in che modo sarebbe scattato l'allarme? «Chi ha agito spiega a Il Giornale, il questore lagunare Gagliardi non era da solo. Questo è un colpo che non può essere commesso da un singolo. Quelli che hanno agito sono professionisti di altissimo livello, con conoscenze tecnologiche evolute. La struttura di Palazzo Ducale e la sua impiantistica con i sistemi di allarme, sono di una qualità elevatissima, l'allarme è scattato ma l'abilità di questi professionisti ha permesso loro di guadagnare qualche secondo». A commettere il furto, come emerge dalle immagini di video sorveglianza, sarebbero state due persone, una il braccio e l'altra il palo. Il valore doganale dei gioielli sottratti è di 33 mila euro ma il valore sul mercato potrebbe raggiungere centinaia di migliaia di euro. Forse più di milione. Subito le foto dei gioielli rubati sono state inviate ai proprietari. Gioielli molto difficili da vendere sul mercato nero, perché troppo conosciuti.

L'ipotesi ora è che ai tesori vengano tolte le pietre per essere vendute separatamente.

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