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Telecomando di Casaleggio: la giunta Raggi si fa a Milano

Sindaco commissariato, l'assessore alle Partecipate imposto dall'alto. Eppure diceva: sui nomi decido io

Telecomando di Casaleggio: la giunta Raggi si fa a Milano

«La chiameremo, ma il suo profilo dovrà essere valutato anche a Milano». Così la sindaca di Roma Virginia Raggi, dopo l'obbediente no alle Olimpiadi e il giulivo balletto a Palermo («Bello bello bello tutto bellissimo») per farsi benedire da Beppe Grillo, si è arresa al commissariamento. «Milano», infatti, nel gergo grillino sta per Casaleggio Associati: ed è lì che i «profili» dei potenziali assessori sono stati esaminati, come spiegava Raggi in questi giorni ai suoi interlocutori. Ed è lì che è stato scelto il nome per l'assessorato alle Partecipate romane: l'imprenditore grillino, ma anche filo-leghista e persino filo-renziano Massimo Colomban. Un nome blindato, di fiducia della Casaleggio, imposto al Campidoglio per controllare la politica del Comune su Atac e Ama, dopo le scelte disastrose (a cominciare dalla pluri-indagata assessora alla Nettezza Urbana Muraro) di questi mesi. E dire che pochi giorni fa Raggi spiegava solenne ai giornalisti che «gli assessori li scelgo io a Roma».

In cambio, come premio di consolazione, la sindaca ha potuto piazzare un proprio uomo al Bilancio, dopo che tutti i tecnici contattati avevano detto «no, grazie» alle sue avances, o erano stati brutalmente scartati da Milano. A Virginia non è rimasto che ripiegare sul proprio staff ristretto, e spostare un fedelissimo, Andrea Mazzillo, dalla sua segreteria alla gestione del disastrato bilancio di Roma. Una scelta un po' disperata, che fa capire quanto sia difficoltosa e incerta la gestione del Campidoglio. «Ho scelto lui per le sue competenze ed esperienze. Abbiamo davanti delle sfide importanti e il contributo di Mazzillo sarà prezioso vista la sua esperienza in finanza locale», assicura la prima cittadina. Che però non spiega perché, se riteneva di avere sotto mano una simile risorsa, non le sia venuto in mente prima di fargli fare l'assessore.

Mazzillo è commercialista, dipendente in aspettativa di Equitalia e figlio di un magistrato contabile. Quanto alle «esperienze», ha un dottorato di ricerca a Tor Vergata e ha gestito i contributi elettorali per la campagna della Raggi. Ma soprattutto ha dimostrato un intenso attivismo, finora con scarso successo, in altri partiti: si è candidato col Pd romano a Ostia, poi ha collaborato con esponenti della lista Marchini, infine è approdato a Grillo. E da quanto trapela, la scelta di Mazzillo ha creato gran malumore nelle file del partito Cinque Stelle, almeno nelle correnti ostili alla Raggi, tanto che il capogruppo grillino Paolo Ferrara, raccontano le agenzie, ha duramente criticato con i suoi la scelta della sindaca e se ne è andato dal Campidoglio rifiutandosi di commentare la nomina con i cronisti. Del resto il medesimo Mazzillo era stato bocciato da Ferrara quando aveva tentato di candidarsi, sempre a Ostia, per i grillini.

Ed è poi stato oggetto di una dura polemica dei Cinque Stelle romani quando la Raggi gli concesse l'incarico fumoso di «responsabile della verifica di attuazione delle linee programmatiche» con il lauto stipendio da 90mila euro l'anno.

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