Politica

Test nucleari, Polinesia contro Parigi

Gli indipendentisti: «Dopo trent'anni di esplosioni i tumori dilagano»

Francesco De Remigis

Per la seconda volta in due anni, la Francia viene citata dalla Polinesia per crimini contro l'umanità. Stavolta, per le scorie nucleari accumulate in trent'anni di test nell'arcipelago. L'accusa è pesante: «Morti a causa del colonialismo nucleare». Portavoce della battaglia è Oscar Temaru, dirigente indipendentista polinesiano ed ex presidente. Martedì, all'Onu, ha spiegato le ragioni dei fatti risalenti al periodo 1966-1996 negli atolli di Mururoa e Fangataufa: 193 esperimenti nucleari francesi, 46 atmosferici e 147 sotterranei, facendo esplodere in profondità o trivellando il terreno. Trent'anni di scorie e centinaia di casi di tumore su una popolazione di circa 280 mila persone hanno spinto gli indipendentisti a denunciare Parigi alla Corte penale internazionale. Posizioni inconciliabili: «Contrariamente a quanto sostenuto, noi non abbiamo mai accettato né accolto questi test, che furono invece imposti con la minaccia esplicita dell'istituzione di un governo militare se ci fossimo rifiutati», insiste Temaru, ricordando che, nel 2010, una legge ha introdotto un sistema di indennizzi, molto simile a un'ammissione di responsabilità; peccato che le associazioni delle vittime da malattie indotte da radiazioni siano costrette a rivolgersi ai tribunali per ottenere il risarcimento.

I test avrebbero avuto effetti devastanti sulla popolazione dell'arcipelago, ma Parigi non vuole ammetterlo. «Questa accusa chiama in causa tutti i presidenti francesi dall'inizio dei test contro il nostro Paese», ha detto Temaru all'Onu. Il primo stop ai test nella Polinesia francese fu dato da François Mitterrand nel '92, con una moratoria. Jacques Chirac nel 1995 riprese le attività negli atolli, prima di bandirle definitivamente nel gennaio dell'anno successivo con la firma del Trattato internazionale che li vietava. L'annuncio di citazione alla Corte penale internazionale è arrivato martedì nell'incontro sulla Polinesia francese organizzato dalla commissione Onu specializzata nel processo di decolonizzazione. L'interesse di Parigi ad affrontare l'argomento è scarso, anche perché gli atolli non sono stati ancora del tutto decontaminati. La città di Papeete aveva già chiesto 745 milioni per i danni ambientali ed altri 100 per «l'occupazione» di quello che viene considerato dagli esperti «un cimitero nucleare». Già nel 2006, un équipe di ricercatori certificò «un legame tra le ricadute sulla popolazione e i test». In particolare, cancro alla tiroide. Di «esperimenti puliti» ha sempre parlato il ministero della Difesa francese, al punto da rendersi spesso protagonista di imbarazzanti ricorsi anti-indennizzo a 15 mila km di distanza.

Tanto dista la Polinesia francese da Parigi, pur saldamente legata alla République: a maggio infatti ha scelto un presidente che sostiene l'attuale status di contrarietà all'indipendenza.

Commenti