Politica

Tiziano e Pier Luigi, da signorotti di paese a segregati

I padri di Renzi e della Boschi legati da un comune destino: ripararsi dalla bufera

Tiziano e Pier Luigi, da signorotti di paese a segregati

Rignano sull'Arno come Laterina. Due paesi simili, il primo di 8.600 abitanti il secondo di appena 3.500. Due sensali, signorotti di paese, abituati a fare e disfare, a dispensare favori a questo e quello, a sedere nei cda di società e banche: Tiziano Renzi (65 anni) padre di Matteo e Pier Luigi Boschi (68 anni) babbo di Maria Elena, protetti dalla gente del loro feudo che ora diventa però, per loro che ci sono nati e cresciuti, un ambiente ormai divenuto ostile.

Sono i genitori delle due figure politiche più in vista d'Italia, le più vivaci, le più social, che in tre anni, hanno scalato tutti i gradini del potere a velocità supersonica: uno fino alla presidenza del Consiglio, l'altra, ex ministro alle Riforme, e poi sottosegretario a Palazzo Chigi. E sia babbo Tiziano (indagato per traffico di influenze nel caso Consip) che babbo Pier Luigi (coinvolto nello scandalo del crac di Banca Etruria) sono costretti ora a sottrarsi ai riflettori, a rivoluzionare le proprie vite, ad uscire da porte secondarie, a tapparsi sotto cappelli o occhialoni scuri, a schivare telecamere e giornalisti, a cambiare le proprie abitudini, a blindare le loro case con muri, a sorvegliare i confini con le videocamere, ad evitare telefonate e visite.

Persino gli amici storici si mettono da parte e fanno finta di non conoscerli. Papà Tiziano lo vedono a mala pena a comprare i suoi sigari preferiti da «Pampurio», l'unica trattoria nella frazione di Torri, dove vive, a prendere il caffè dal «Feroci» in piazza XXV Aprile a Rignano e, puntuale, alla messa delle 17 di ogni domenica per suonare l'organo e cantare. Il resto del tempo è tappato in casa con la moglie Laura, assediato dai giornalisti e dai pm, in quella villetta giallina in cima alla via di campagna fuori dal paese, tra filari di olivi, con sulla porta d'ingresso una ceramica con la Madonna che regge in braccio Gesù.

L'altro è a Laterina, dove nella villetta nella zona industriale, che prima della bufera non aveva nemmeno il cancello all'ingresso, dopo le manifestazioni dell'Associazione Vittime del Salvabanche e l'accerchiamento dei giornalisti, ha fatto alzare muri e installare videocamere. Lui che da ex dirigente della Coldiretti, dove non lo vedono da tempo, e direttore di un consorzio vinicolo, è stato nominato vicepresidente di Banca Etruria nel suo ultimo anno di vita, in paese non ci va più. Non lo incontra più nessuno. Lo stesso la madre Stefania, preside ed ex vicesindaco del paese che ha rinunciato a candidarsi a sindaco per evitare di creare problemi alla figlia. Solo uno dei due fratelli, Emanuele, si incrocia ogni tanto a cena all'«Osteria del vino», ma solo perché è sicura da occhi indiscreti. La figlia, si dice, non vada da tempo a trovare i genitori, e resti segregata nell'appartamentino di Roma.

Due «babbi», quasi gemelli, uniti non solo dal destino incrociato dei loro figli, ma da un presente identico e un passato equivalente: credenti, ex democristiani, traslocati nel Pd, via Margherita, vicini a personaggi legati alla massoneria.

E con un forte senso per gli affari e gli arrocchi (chi gioca a scacchi sa di cosa parliamo).

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